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Archivio - gennaio 2010

[27 gennaio 10]

Ore dodici e cinque
Stamattina sono arrivata in ospedale verso l'ora di pranzo. Mia madre era seduta accanto a papà e l'osservava con occhi vuoti.
Gli infermieri avevano messo una tenda tra il letto di mio padre e quello di un degente che non voleva vederne il cadavere. L'altro paziente, invece, quello alla sua destra, mangiava tranquillo.
Ho guardato l'ora. Erano le dodici e cinque. Ho chiamato i miei fratelli sul telefonino per avvertirli.
Papà aveva le palpebre contratte e la bocca aperta. Mi è sembrato che volesse tentare un ultimo grido, così mi sono avvicinata e gli ho sussurrato all'orecchio una cosa che avrei voluto dirgli mentre era ancora vivo: «Grazie per avermi messa al mondo».

(Edizioni Mondadori, 2009)


[Trascritto da Ardesia | 27/01/2010 | p.link | segnala un errore | ]


[20 gennaio 10]

Dicono che sia venuto dall'Africa, racchiuso nelle grida degli schiavi; che fosse l'anatema finale degli indiani Taino, pronunciato mentre un mondo moriva e un altro nasceva; o che fosse un demone, penetrato nella Creazione attraverso la porta dell'incubo dischiusa alle Antille. Fukù americanus, o più colloquialmente fukù: usato in genere per indicare qualche tipo di maledizione o sventura, e in particolare la Maledizione e la Sventura del Nuovo Mondo.

Titolo originale: The Brief Wondrous Life of Oscar Wao (2007)
(Edizioni Mondadori - traduzione di Silvia Pareschi)



[Trascritto da Ardesia | 20/01/2010 | p.link | segnala un errore | ]


[12 gennaio 10]

Ho ancora nel naso l'odore che faceva il grasso sul fucile mitragliatore arroventato. Ho ancora nelle orecchie e sin dentro il cervello il rumore della neve che crocchiava sotto le scarpe, gli sternuti e i colpi di tosse delle vedette russe, il suono delle erbe secche battute dal vento sulle rive del Don. Ho ancora negli occhi il quadrato di Cassiopea che mi stava sopra la testa tutte le notti e i pali di sostegno del bunker che mi stavano sopra la testa di giorno. E quando ci ripenso provo il terrore di quella mattina di gennaio quando la katiuscia, per la prima volta, ci scaraventò le sue settantadue bombarde.

(Edizioni Einaudi, 1953)




[Trascritto da Ardesia | 12/01/2010 | p.link | segnala un errore | ]


[02 gennaio 10]

L'inizio è facile da individuare. Eravamo al sole, vicino a un cerro che ci proteggeva in parte da forti raffiche di vento. Io stavo inginocchiato sull'erba con un cavatappi in mano, e Clarissa mi porgeva la bottiglia - un Daumas Gassac del 1987. L'istante fu quello, quella la bandierina sulla mappa del tempo: tesi la mano e, nel momento in cui il collo freddo e la stagnola nera mi sfioravano la pelle, udimmo le grida di un uomo. Ci voltammo a guardare dall'altra parte del prato, e intuimmo il pericolo. L'attimo dopo, correvo in quella direzione. Si trattò di un rivolgimento assoluto: non ricordo di aver lasciato cadere il cavatappi, né di essermi alzato, di aver preso una decisione, né di aver sentito la raccomandazione che Clarissa mi rivolse. Che idiozia, lanciarmi dentro questa storia e i suoi labirinti, allontanandomi di volata dalla nostra felicità, tra l'erba tenera di primavera accanto al cerro. Un altro grido e l'urlo del bambino, affievolito dal vento che spazzava le chiome alte degli alberi lungo le siepi. Accelerai la mia corsa. A quel punto, improvvisamente, da angolazioni diverse del prato, altri quattro uomini stavano convergendo sul luogo dell'incidente, correndo come me.

Titolo originale: Enduring Love (1997)
(Edizioni Einaudi - traduzione di Susanna Basso)





[Trascritto da Ardesia | 02/01/2010 | p.link | segnala un errore | ]







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