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Archivio - giugno 2008

[30 giugno 08]

Già torna a scuotermi Eros
che scioglie le membra,
dolceamara, indomabile, oscura
belva.
Saffo


Ecco dove accadde. Lei è stata qui. Questi leoni di pietra, ora senza testa, l'hanno fissata. Questa fortezza, una volta inespugnabile, cumulo di pietre ora, fu l'ultima cosa che vide. Un nemico da tempo dimenticato e i secoli, sole, pioggia, vento, l'hanno spianata. Immutato il cielo, un blocco d'azzurro intenso, alto, distante. Vicine, ogg come ieri, le mura ciclopiche che orientano il cammino: verso la porta dal cui fondo non fiotta più sangue. Nelle tenebre. Nel macello. E sola.
    Con questo racconto vado nella morte.
    Termino qui, impotente, e niente, niente di quello che avrei potuto fare o non fare, volere o pensare, mi avrebbe condotto a una meta diversa. Più profondamente di ogni altro moto dell'animo, più profondamente persino della mia paura, mi impregna, mi corrode, mi avvelena l'indifferenza dei celesti verso noi terreni. Naufragata l'audace impresa di opporre il nostro debole calore alla loro gelidità.

Titolo originale: Kassandra (2007)
(Edizioni e/o - traduzione di Anita Raja)



[Trascritto da Ardesia | 30/06/2008 | p.link | segnala un errore | ]


[23 giugno 08]

Il più antico poeta a cui noi diamo un nome, il leggendario Omero, è, contemporaneamente, uno, nessuno e centomila. È centomila perché dietro alla sua leggenda si nasconde una storia vera: quella dei cantori ciechi, che durò per molti secoli e che riguardò, oltre alla Grecia, anche altre civiltà del mondo antichissimo. Forse anche l'Egitto e la terra dei due fiumi, il Tigri e l'Eufrate. Certamente, in Italia, il paese degli Etruschi.
Gli antichi attribuivano ai ciechi una capacità di inventare, di elaborare e di raccontare le storie degli uomini, superiore a quella delle persone normali. Avendo meno percezioni, i ciechi avevano più vita interiore. Erano dei «veggenti», che sapevano riempire il buio in cui vivevano di figure apparentemente reali; che sapevano creare dal nulla una melodia e poi, anche, sapevano adattare quella melodia alla storia che stavano raccontando. I cantori ciechi del mondo antico: gli «aedi», erano in grado di dire ciò che succede al di sopra dell'uomo, dagli spazi abitati dagli Dei dell'Olimpo; conoscevano gli abissi del mare popolati di mostri, e si avventuravano perfino nella terra dei morti, per riferire ai vivi ciò che avevano visto.

(2005)
(Edizioni Einaudi)



[Trascritto da Ardesia | 23/06/2008 | p.link | segnala un errore | ]


[16 giugno 08]

LETTERA I.    Cécile Volanges a Sophie Carnay
Al Collegio delle Orsoline di ...

   Cara amica, come vedi mantengo la parola; le cuffie e i pompons non occupano tutto il mio tempo: per te ne rimarrà sempre. Eppure ho veduto più abiti nella sola giornata di oggi che nei quattro anni che abbiamo trascorso insieme; e credo che la tua superbiosa Tanville - che manderò a chiamare la prima volta che verrò in visita - proverà alla mia vista ancor più rabbia di quella che ha creduto di farne a noi tutte le volteche è venuta a trovarci in fiocchi. Mammà ha chiesto il mio parere su tutto e non mi tratta più da collegiale come in passato. Ho una cameriera personale, una camera e adesso scrivo su uno scrittoio delizioso di cui m'han dato la chiave e in cui posso rinchiudere qualsiasi cosa. Mammà mi ha detto che potrò vederla ogni giorno, appena si sarà alzata; basterà che sia in ordine per l'ora di colazione, dato che saremo sempre sole, poi ogni giorno mi dirà a che ora dovrò andar da lei nel pomeriggio. Per il resto del tempo posso fare quel che voglio. L'arpa, il disegno e le letture come in collegio, ma per fortuna qui non c'è Madre Perpetua pronta a rimproverarmi. Volendo potrei anche non far nulla in tutta la gornata, ma poiché non ho la mia Sophie per chiaccherare e scherzare, preferisco aver qualcosa da fare.

Titolo originale: Les Liaisons Dangereuses (1782)
(Edizioni Newton - traduzione di Lucio Chiavarelli)



[Trascritto da Ardesia | 16/06/2008 | p.link | segnala un errore | ]


[11 giugno 08]

Quando vidi Finn che mi aspettava all'angolo della strada, immaginai subito che doveva essere successo qualcosa. Di solito Finn mi aspettava a letto, oppure se ne stava appoggiato contro lo stipite della porta con gli occhi chiusi. Questa volta, per di più, ero in ritardo a causa dello sciopero. Il viaggio di ritorno in Inghilterra mi sembra sempre interminabile; e finché non mi sono tuffato di nuovo nella mia cara Londra in modo da dimenticare di esserne mai partito sono inconsolabile. Potete immaginare perciò che divertimento fosse per me rimanermene a Newhaven in attesa che i treni riprendessero a funzionare e con l'odore della Francia ancora fresco nelle narici. Per di più, questa volta mi avevano sequestrato le bottiglie di cognac che porto sempre con me di straforo e così, dopo la chiusura dei pub, caddi im preda ai tormenti di una morbosa introspezione.

Titolo originale: Under The Net (1954)
(Edizioni Rizzoli - traduzione di Argia Micchettoni)


[Trascritto da Ardesia | 11/06/2008 | p.link | segnala un errore | ]


[05 giugno 08]

La foto in cornice che June Tremaine teneva sul tavolino accanto al letto aveva una duplice funzione: ricordare a lei e a far conoscere ai visitatori quella bella ragazza il cui viso, a differenza di quello del marito, nascondeva ogni indizio della piega che la sua vita avrebbe preso. L'istantanea risale al '46, un paio di giorni dopo le nozze e una settimana prima della partenza per la luna di miele in Italia e in Francia. La coppia vi appare a braccetto, ai cancelli d'ingresso del British Museum. Forse era stata scattata nell'intervallo di mezzogiorno, perché lavoravano entrambi nei pressi, e nessuno dei due aveva potuto lasciare l'ufficio fino a pochi giorni prima di partire. L'uomo e la donna si stringono l'uno contro l'altra come se avessero timore di superare i margini della fotografia. E rivolgono all'obiettivo sorrisi di autentica gioia.

Titolo originale: Black Dogs (1992)
(Edizioni Einaudi - traduzione di Susanna Basso)


[Trascritto da Ardesia | 05/06/2008 | p.link | segnala un errore | ]







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