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Archivio - febbraio 2008

[29 febbraio 08]

Iole Vergara era appiccicata da quasi un’ora al vetro della finestra della sua casa al secondo piano di un condominio con vistalago lungo la statale 36. Guardava il paesaggio affascinata e sbalordita, senza nessun pensiero particolare, immersa nel buio del tinello mentre dalla cucina veniva l’indistinto gracchiare della radiolina.
Il gennaio del 1962 era cominciato all'insegna del gelo. L'intero lago di Como per qualche giorno era sembrato appartenere a un pianeta di ghiaccio, ibernati persino i rumori e le scarse parole che la gente si era scambiata per strada. Poi era arrivato il pöhn e aveva squassato quell'irreale immobilità: aveva soffiato tre giorni, continuo e violento. Infine, la sera del terzo, si era acquietato.Dalla superficie del lago era scomparsa la cresta spumosa dell'acqua sollevata dal vento. Ne aveva preso il posto un'onda continua, lunga e morbida, che si frangeva sulla riva con poco rumore. La monotonia inerte dell'inverno era ritornata. Tutti, uomini e cose, potevano tirare un respiro di sollievo.

(1996)
(Edizione Mondolibri)


[Trascritto da Ardesia | 29/02/2008 | p.link | segnala un errore | ]


[22 febbraio 08]

Egli - poiché dubbio non v'era sul suo sesso, per quanto la foggia di quei tempi alquanto lo dissimulasse - stava prendendo a piattonate la testa di un moro, che dondolava appesa alle travi del soffitto. Aveva essa la tinta d'una vecchia palla di cuoio; e quasi ne avrebbe avuto la forma, se non fosse stato per il cavo delle guance, e i pochi capelli duri e aridi come barbe d'una noce di cocco. Il padre di Orlando, o forse il nonno, l'aveva spiccata dal busto del gigantesco Infedele che gli s'era parato davanti improvviso al chiaro di luna, nelle barbare distese africane, e ora essa oscillava dolcemente, incessantemente, alla brezza perenne che soffiava per le logge in cima alla vasta dimora del signore che aveva decapitato l'Infedele.

Titolo originale: Orlando: A Biography (1928)
(Edizioni Mondadori - traduzione di Grazia Scalero)


[Trascritto da Ardesia | 22/02/2008 | p.link | segnala un errore | ]


[16 febbraio 08]

Macchiffastapuzza, si chiese Gabriel, arcistufo. Impossibile, mai che si puliscano. Sul giornale c'è scritto che a Parigi non c'è nemmeno l'undici per cento di appartamenti col bagno, non c'è da meravigliarsi, ma ci si può lavare anche senza. Tutti questi che mi stan d'attorno, però, devo dire che mica fanno di gran sforzi. D'altra parte, perchè dovrebb'essere una selezione fra i più lerci di Parigi? Non c'è motivo. È il caso. È assurdo supporre che la gente che sta aspettando alla Gare d'Austerlitz puzzi più di quella che aspetta alla Gare de Lyon. No, via, non ci sarebbe proprio motivo. Però, dico: ma che odore.

Titolo originale: Zazie dans le métro (1959)
(Edizioni Einaudi - traduzione di Franco Fortini)


[Trascritto da Ardesia | 16/02/2008 | p.link | segnala un errore | ]


[09 febbraio 08]

Lucio Lucertola festeggiò il suo settantesimo compleanno svegliandosi. Riteneva questo un fondamentale segreto della vita: svegliarsi e addormentarsi un numero di volte esattamente uguale. Se ci si sveglia anche solo una volta in meno non si recupera più, si sputa la pallina, consummatum est, diceva Lucio che era stato professore di latino e italiano, ed era inoltre Curioso in altre scienze, le naturali le filosofiche le zoologiche (in particolare i batteri), la botanica urbana, i cinesi, il concetto di inizio finale. Lucio Lucertola sorge dal letto faticosamente, con una protesta rumorosa di tutte le ossa. Un canto melodioso e trionfale lo accompagna. Le stesse cellule senza scrupoli che riempiono di ghiaia arterie e articolazioni del vecchio Lucio, animano il risveglio entusiasta del suo giovane canarino.

(1986)
(Edizioni Feltrinelli)


[Trascritto da Ardesia | 09/02/2008 | p.link | segnala un errore | ]


[02 febbraio 08]

Un gruppo di uomini barbuti, vestiti di scuro sotto gli alti cappelli grigi, e di donne - alcune incappucciate, altre a testa nuda - era raccolto davanti a un edificio di legno, dalla massiccia porta di quercia tempestata di grossi chiodi di ferro.
I fondatori di una nuova colonia, qualunque sia l'ideale di giustizia e di felicità umana che li muove, sanno che uno dei loro primi compiti consiste nel destinare una zona del territorio al cimitero e un'altra alla costruzione di una prigione.

Titolo originale: The Scarlet Letter (1850)
(Edizioni Corriere della Sera, I grandi Romanzi - traduzione di Bruno Tasso)


[Trascritto da Ardesia | 02/02/2008 | p.link | segnala un errore | ]







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