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Archivio - ottobre 2007

[28 ottobre 07]

Ore 16
Il giorno in cui la Borsa casca dal letto e si rompe la schiena è il peggiore della tua vita. O così credi. Non è il peggiore della tua vita, ma tu pensi che lo sia. E quando dai voce a quel pensiero, lo fai con convinzione e con un minimo di abbellimento retorico. "Questo è il giorno peggiore della mia vita", dici, mentre lasci cadere una nocciolina salata nel tuo Martini doppio - in giorni migliori, bevi vino bianco - e la guardi andare a fondo. Scende a spirale più lentamente, con tanto più garbo delle tue fortune personali, le graziose bollicine di gin che si raccolgono intorno alla nocciolina in netto contrasto con i groppi, le lappole e le spine che si stanno attaccando al tuo cuore.

Titolo originale: Half Asleep in Frog Pajamas (1994)
(Edizioni Baldini&Castoldi - traduzione di Hilia Brinis)


[Trascritto da Ardesia | 28/10/2007 | p.link | segnala un errore | ]


[21 ottobre 07]

Nell'autunno del 1995, dopo aver dato le dimissioni dal mio ultimo incarico accademico, decisi di farmi un regalo e realizzare un sogno. Chiesi alle sette migliori studentesse che avevo di venire a casa mia il giovedì mattina per parlare di letteratura. Erano tutte ragazze, dato che, per quanto si trattasse di innocui romanzi, insegnare a una classe mista in casa propria sarebbe stato troppo rischioso. Fra gli studenti maschi, Nima fu l'unico a rivendicare con ostinazione i pro-pri diritti, così acconsentii a passargli il materiale che assegnavo e, di tanto in tanto, a vederci da me per parlare dei libri che stavamo leggendo.
Spesso mi divertivo a punzecchiare le mie studentesse e, citando Gli anni fulgenti di Miss Brodie di Murici Spark, domandavo: "Chi di voi mi tradirà?". Essendo pessimista per natura, ero certa che almeno una mi si sarebbe rivoltata contro. Nassrin una volta mi rispose con malizia: "Ma se è stata proprio lei a dirci che alla fine siamo sempre noi a tradire noi stessi, a diventare il Giuda del nostro stesso Cristo!". Manna invece mi fece notare che io non ero affatto Miss Brodie e loro, be', loro erano quello che erano. Mi rammentò inoltre una delle mie raccomandazioni: non sminuire mai, in nessuna circostanza, un'opera letteraria cercando di trasformarla in una copia della vita reale; ciò che cerchiamo nella letteratura non é la realtà, ma una epifania della verità. Eppure, credo che se dovessi disobbedire ai miei stessi ammonimenti e indicare il romanzo che meglio di ogni altro riflette la nostra vita nella Repubblica islamica dell'Iran, non sceglierei Gli anni fulgenti di Miss Brodie, e nemmeno 1984; semmai Invito a una decapitazione di Nabokov oppure, meglio ancora, Lolita.

Titolo originale: Reading Lolita in Tehran (2003)
(Edizioni Adelphi - traduzione di Roberto Serrai)


[Trascritto da Ardesia | 21/10/2007 | p.link | segnala un errore | ]


[14 ottobre 07]

Al galoppo sul mio cavallo, sfilavo fra i ventilatori.
Avevo sette anni. Niente era più piacevole che avere troppa aria nel cervello. Più la velocità fischiava, più entrava ossigeno che faceva piazza pulita.
Il mio destriero arrivò alla piazza del Grande Ventilatore, volgarmente detta piazza Tien An Men. Prese a destra, per il viale della Bruttezza Abitabile.
Tenevo le redini con una mano. L'altra mano si abbandonava a un'esegesi della mia immensità interiore, carezzando ora il dorso del cavallo, ora il cielo di Pechino.
L'eleganza del mio equilibrio lasciava senza fiato i passanti, gli sputi, gli asini e i ventilatori.
Non avevo bisogno di spronare la mia cavalcatura. La Cina l'aveva creata a mia immagine: era una fanatica delle grandi velocità. Andava a passione interiore e a folle in delirio.
Fin dal primo giorno avevo capito l'assioma: nella Città dei Ventilatori, tutto quello che non era splendido era orribile.
Il che equivale a dire che quasi tutto era orribile.
Corollario immediato: la bellezza del mondo ero io.

Titolo originale: Le sabotage amoureux (1993)
(Edizioni Guanda - traduzione di Alessandro Grilli)


[Trascritto da Ardesia | 14/10/2007 | p.link | segnala un errore | ]


[08 ottobre 07]

Ma indove erano andate a finire quelle prime marinate nelle quali, appena arrisbigliato, si sintiva attraversato da una speci di correnti di filicità pura, senza motivo?
Non si trattava del fatto che la jornata s'appresentava priva di nuvole e vento e tutta tirata a lucito dal sole, no, era un'altra sensazione che non dipinniva dalla so natura di meteoropatico, a volersela spiegare era come un sintirisi in armonia con l'universo criato, perfettamente sincronizzato a un granni ralogio stillare ed esattamente allocato nello spazio, al punto priciso che gli era stato destinato fino dalla nascita.
Minchiate? Fantasie? Possibile.
Ma il fatto indiscutibile era che quella sensazione una volta la provava bastevolmente di frequente, mentre invece, da qualichi anno a questa parte, ti saluto e sono. Scomparsa. Scancillata. Anzi, ora le prime matinate gli provocavano spisso e vulanteri 'na sorta di rigetto, di rifiuto istintivo di quello che l'aspittava una volta dovuto accettare il jorno novo, macari se non c'era nenti di camurrioso che l'aspittava nel corso della jornata.
E la conferma era data da come si comportava subito che nisciva dal sonno.
Ora, appena isava le palpebre, immediatamente le ricalava e sinni ristava allo scuro per qualichi secondo, mentre una volta, appena rapriva l'occhi, li mantiniva aperti, squasi tanticchia sbarracati, per agguantare avidamente la luci del jorno.

(2004)
(Sellerio editore Palermo)


[Trascritto da Ardesia | 08/10/2007 | p.link | segnala un errore | ]


[01 ottobre 07]

Quando il mio vecchio appartamento era ancora vuoto, avevo preso l'abitudine di starmene seduto alla finestra a contemplare New York; anche se in realtà tutto ciò che riuscivo a vedere era un enorme condominio e la gente che entrava e usciva dalle porte girevoli.
Un passatempo che può sembrare noioso, e spesso lo era, tanto che a volte m'incantavo a fissare il mio riflesso nel vetro, dimentico delle esistenze che si svolgevano al di là di esso. Di quando in quando, di solito verso mezzanotte, da dietro l'angolo sbucavano le coppiette: tornavano a casa dopo un appuntamento e indugiavano a lungo, decisamente a lungo, a parlare fuori. Allora sì che guardavo, cercando di non fumare troppo, in attesa dei miei mobili e pensando: eh già, sono proprio qui. Se qualcuno vuole chiamarmi, adesso deve chiamare la Grande Mela.

Titolo originale: The Hottest State (1996)
(Edizioni Sonzogno - traduzione di Maria Barbara Piccioli)


[Trascritto da Ardesia | 01/10/2007 | p.link | segnala un errore | ]







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