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Archivio - maggio 2007

[25 maggio 07]

Londra
11 febbraio 1639


La prua di una galera fende la nebbia del Tamigi. L'imbarcazione accosta pesantemente alla riva. Sul ponte, lugubri monaci cappuccini salmodiano il Canto per l'anima dei defunti. Vicino a loro, fra le fiammelle morenti di centinaia di ceri, troneggia velao dalla foschia un gigantesco catafalco nero. Una folla minacciosa è assiepata contro il parapetto dell'imbarcadero e lungo il tappeto su cui passerà il corteo funebre diretto a Somerset Hall, la dimora degli Stuart. Sorretto da sei guardie, il feretro imbocca la passerella.
   Ed ecco emergere dalla nebbia la figura solitaria ed eretta di una donna che avanza dietro la processione. L'ampio mantello la sottrae agli sguardi. Chi piange sotto i suoi veli? Il marito? L'amante? Questa donna piange la propria vita e l'uomo che ne è stato l'anima, suo padre.

Titolo originale: Artemisia (1998)
(Edizioni Mondadori - traduzione di Doriana Comerlati)


[Trascritto da Ardesia | 25/05/2007 | p.link | segnala un errore | ]


[22 maggio 07]

Tutti nascono con qualche talento speciale ed Eliza Sommers scoprì presto di possederne due: un buon naso ed una buona memoria. Il primo le servì per guadagnarsi da vivere e il secondo per potersene ricordare, se non con precisione, almeno con la poetica vaghezza degli astrologi. Quel che si dimentica è come se non fosse mai successo, e i suoi ricordi reali o illusori erano talmente tanti che per lei fu come vivere due volte.

Titolo originale: Hija de la fortuna (1999)
(Edizioni Feltrinelli - traduzione di Elena Liverani)


[Trascritto da Ardesia | 22/05/2007 | p.link | segnala un errore | ]


[18 maggio 07]

Quando fu di dominio pubblico che l'immane scrittore Prétextat Tach sarebbe morto due mesi dopo, i giornalisti di tutto il mondo sollecitarono interviste private con l'ottuagenario. Il vegliardo godeva, certo, di un prestigio considerevole; fu comunque grande lo stupore di veder accorrere al capezzale del romanziere francofono rappresentanti di quotidiani del calibro (ci siamo permessi di tradurre) della "Voce di Nanchino" e del "Bangladesh Observer". Così, due mesi prima della morte, il signor Tach poté farsi un'idea dell'ampiezza della propria fama.
   Il suo segretario si incaricò di effettuare una selezione drastica delle proposte: eliminò tutti i giornali in lingue straniere perché il moribondo parlava solo francese e non si fidava di nessun interprete; scartò i reporter di colore perché con l'età lo scrittore si era messo a fare discorsi razzisti, che discordavano con le sue convinzioni profonde - gli specialisti tachiani, imbarazzati, vedevano in questo l'espressione di un desiderio senile di scandalizzare; infine il segretario scoraggiò garbatamente le richieste di reti televisive, di riviste femminili, di giornali giudicati troppo politici, e soprattutto delle riviste mediche che avrebbero voluto sapere in che modo il grand'uomo si fosse preso un cancro tanto raro.

Titolo originale: Hygiène de l'assassin (1992)
(Edizioni Guanda - traduzione di Biancamaria Brunno)


[Trascritto da Ardesia | 18/05/2007 | p.link | segnala un errore | ]


[14 maggio 07]

Da quasi quindici anni, la vecchia Berta si sedeva tutti i giorni davanti alla porta. Gli abitanti di Viscos sapevano che, generalmente, le persone anziane si comportano così: sognano il passato e la gioventù, contemplano un mondo di cui non fanno più parte, cercano ogni scusa per chiacchierare con i vicini.
Berta, però, aveva una ragione per stare lì. Ma quella mattina, quando vide lo straniero risalire la ripida stradina e dirigersi lentamente verso l'unico albergo del paese, seppe che la sua attesa era terminata. L'uomo non era come lo aveva immaginato tante volte: i suoi abiti erano consunti dall'uso, aveva i capelli più lunghi del normale e avrebbe dovuto farsi la barba.
Era arrivato con un compagno: il diavolo.

Titolo originale: O Demônio e a Srta. Prym (2000)
(Edizioni Bompiani - traduzione di Rita Desti)


[Trascritto da Ardesia | 14/05/2007 | p.link | segnala un errore | ]


[10 maggio 07]

Un tempo lontano, quando avevo sei anni, in un libro sulle foreste primordiali, intitolato "Storie vissute della natura", vidi un magnifico disegno. Rappresentava un serpente boa nell'atto di inghiottire un animale.



Titolo originale: Le Petit Prince (1943)
(Edizioni Bompiani - traduzione di Nini Bompiani Bregoli)




[Trascritto da Ardesia | 10/05/2007 | p.link | segnala un errore | ]


[07 maggio 07]

Sei anni fa ammiravo le rovine dell'antico tempio di Poseidone, sul capo Sounion, con l'Egeo che si stendeva ai miei piedi. Un secolo e mezzo prima, Hans il Panettiere era approdato alla strana isola nell'azzurro dell'Atlantico. E sono trascorsi esattamente duecento anni da quando Frode, in rotta verso la Spagna, fece naufragio con il brigantino carico di argento.
   Devo risalire così indietro nel tempo per capire cosa spinse la mamma a involarsi verso Atene...

Titolo originale: Kabalmysteriet (1990)
(Edizioni TEA - traduzione di Danielle Braun Savio)




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[04 maggio 07]

   La strada che ci avevano indicato, stretta e piuttosto ripida, saliva a zig-zag tra gli oliveti che, sostenuti da bassi muretti di pietra, si alzavano a terrazzi dal lago. Era una mattinata serena. Doveva essere l'ora della seconda siesta; nelle piantagioni non vedemmo infatti che pochi schiavi, e da qualche casolare saliva il fumo.
   Presto apparve la villa; o almeno brillava in parte tra i ciuffi di olivo. Era posta sul colle, a mezza costa.
   Mentre salivo, mi assalì nuovamente il dubbio se il vecchio ci avrebbe realmente consentito di esaminare gli scritti inestimabili.
Le lettere di raccomandazione, che il mio Sempronio aveva con sé, non erano davvero di gran peso. Avrei preferito che, sotto il loro peso, egli avesse sudato.

Titolo originale: Die Geschäfte des Herrn Julius Cäsar (1957)
(Edizioni Einaudi - traduzione di Lorenzo Bassi)


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[02 maggio 07]

   Mezzanotte e 7 minuti. Il cane era disteso sull'erba in mezzo al prato di fronte alla casa della signora Shears. Gli occhi erano chiusi. Sembrava stesse correndo su un fianco, come fanno i cani quando sognano di dare la caccia a un gatto. Il cane però non stava correndo, e non dormiva. Il cane era morto. Era stato trafitto con un forcone. Le punte del forcone dovevano averlo passato da parte a parte ed essersi conficcate nel terreno, perché l'attrezzo era ancora in piedi. Decisi che con ogni probabilità il cane era stato ucciso proprio con quello perché non riuscivo a scorgere nessun'altra ferita, e non credo che a qualcuno verrebbe mai in mente di infilzare un cane con un forcone nel caso in cui fosse già morto per qualche altra ragione, di cancro per esempio, o per un incidente stradale. Ma non potevo esserne certo.
   Aprii il cancelletto di casa della signora Shears, richiudendolo dietro di me. Attraversai il prato e mi inginocchiai vicino al cane. Gli appoggiai la mano sul muso. Era ancora caldo.
   Il cane si chiamava Wellington. Apparteneva alla signora Shears, che era nostra amica. Abitava dall'altro lato della strada, due case più in là, sulla sinistra.
   Wellington era un cane barbone. Non uno di quei barboncini tutti bei pettinati, no, uno di quelli grossi. Aveva il pelo riccio e nero, ma quando lo si guardava da vicino ci si rendeva conto che sotto quella cosa arruffata la pelle era di un colore giallo pallido, come quella di un pollo.
   Accarezzai Wellington e mi domandai chi l'avesse ucciso, e perché.

Titolo originale: The Curious Incident of the Dog in the Night-time (2003)
(Edizioni Einaudi - traduzione di Paola Novarese)


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