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Archivio - dicembre 2003

[22 dicembre 03]

Marley, prima di tutto, era morto. Niente dubbio su questo. Il registro mortuario portava le firme del prete, del chierico, dell'appaltatore delle pompe funebri e della persona che aveva guidato il mortoro. Scrooge vi aveva apposto la sua: e il nome di Scrooge, su qualunque fogliaccio fosse scritto, valeva tant'oro. Il vecchio Marley era proprio morto per quanto è morto, come diciamo noi, un chiodo di porta.
Badiamo! non voglio mica dare ad intendere che io sappia molto bene che cosa ci sia di morto in un chiodo di porta. Per conto mio, sarei stato disposto a pensare che il pezzo più morto di tutta la ferrareccia fosse un chiodo di cataletto. Ma poiché la saggezza dei nostri nonni sfolgora nelle similitudini, non io vi toccherò con sacrilega mano; se no, il paese è bell'e ito. Lasciatemi dunque ripetere, solennemente, che Marley era morto com'è morto un chiodo di porta.


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[18 dicembre 03]

"Credo che fosse già morto, quando gli ho sparato."
"Scusa?" disse Roberts.
"Credo che fosse morto" rispose Nestor. "Di già. Prima che... sai..."
Roberts guardò il morto.
"Mi stava parlando" disse Roberts, "era giusto a metà di una frase, cazzo..."
"Ma."
"'Ditele che ce l'avrò per...' se non ricordo male."
"Ma."
"E adesso" disse Roberts, "non sapremo mai che cosa voleva dire. Stasera? Natale? Non più di mezz'ora? Cristo santo, che casino."

(Edizioni Guanda - traduzione di Stefania Bertola)


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[14 dicembre 03]

Chi l'ascolta lo sa.
La città canta.
Se stai in silenzio ai piedi d'un giardino, in mezzo alla strada, sul tetto d'una casa.
Di notte la sua voce si fa più nitida e giunge fino in fondo al cuore attraversando la superficie delle cose.
E un canto quasi sempre senza parole, ma un canto nondimeno, e chi lo ascolta sa bene di cosa parli.
Prova a distinguere ciascuna nota e lo sentirai risuonare ancor di più.

(Edizioni Neri Pozza - traduzione di Massimo Ortelio)


[Trascritto da Ardesia | 14/12/2003 | p.link | segnala un errore | ]


[10 dicembre 03]

Nel diciottesimo secolo visse in Francia un uomo, tra le figure più geniali e scellerate di quell'epoca non povera di geniali e scellerate figure. Qui sarà raccontata la sua storia. Si chiamava Jean-Baptiste Grenouille, e se il suo nome, contrariamente al nome di altri mostri geniali quali de Sade, Saint-Just, Fouché, Bonaparte ecc., oggi è caduto nell'oblio, non è certo perché Grenouille stesse indietro a questi più noti figli delle tenebre per spavalderia, disprezzo degli altri, immoralità, empietà insomma, bensì perché il suo genio e unica ambizione rimase in un territorio che nella storia non lascia traccia: nel fugace regno degli odori.

(Edizioni TeaDue - traduzione di Giovanna Agabio)


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[07 dicembre 03]

Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendia si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio. Macondo era allora un villaggio di venti case di argilla e di canna selvatica costruito sulla riva di un fiume dalle acque diafane che rovinavano per un letto di pietre levigate, bianche ed enormi come uova preistoriche. Il mondo era cosí recente, che molte cose erano prive di nome, e per citarle bisognava indicarle col dito.

(Edizioni Mondadori - traduzione di Enrico Cicogna)


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[01 dicembre 03]

Immaginiamo di essere seduti, voi e io, in una stanza silenziosa affacciata su un giardino, a parlare del più e del meno e a sorseggiare una tazza di tè verde, e che il discorso cada su un fatto avvenuto tanto tempo prima e che io vi dica: "Il pomeriggio in cui incontrai quell'uomo... fu il più bello della mia vita, e anche il più brutto". Sono convinta che mettereste giù la vostra tazza e replichereste: "Be', come'è possibile? Era il più bello o il più brutto? Una cosa esclude l'altra!" Di solito riderei di me stessa, dichiarandomi d'accordo con voi, ma la verità è che il pomeriggio in cui incontrai il signor Tanaka Ichiro fu al tempo stesso il migliore e il peggiore della mia vita. Mi era sembrato un uomo così affascinante che persino il sentore di pesce che proveniva dalle sue mani aveva un che di profumato. Ma, se non l'avessi conosciuto, sono sicura che non avrei mai fatto la geisha.

(Edizione SuperPocket - traduzione di Donatella Cerutti Pini)


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