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Archivio - maggio 2008

[30 maggio 08]

Il primo lunedì del mese d'aprile del 1625, il borgo di Meung, dove nacque l'autore del Romanzo della Rosa, sembrava essere in completa rivoluzione, proprio come se gli Ugonotti fossero giunti per fare di esso una seconda Rochelle. Molti abitanti, vedendo le donne fuggire dalla parte della Gran Via e sentendo i bimbi strillare sulle porte, si affrettavano a indossare la corazza e, rafforzando il loro coraggio alquanto dubbio con un archibugio o una partigiana, si dirigevano verso l'osteria del Franc-Meunier, davanti alla quale si pigiava, ingrossando di minuto in minuto, un gruppo di popolo compatto, rumoroso e curioso. In quel tempo ci si spaventava con molta facilità e quasi tutti i giorni una città o l'altra registrava nei propri archivi fatti di questo genere. C'erano i signori che guerreggiavano fra loro; c'era il Re che faceva guerra al Cardinale; c'era lo Spagnuolo che faceva guerra al Re. Poi, oltre queste guerre celate o pubbliche, segrete o palesi, c'erano i ladri, i mendicanti, gli Ugonotti, i lupi e i servi che facevano guerra a tutti. I cittadini s'armavano sempre per difendersi dai ladri, dai lupi, dai servi; spesso dai signori e dagli Ugonotti, qualche volta dal Re; mai però dal Cardinale o dagli Spagnuoli. Da questa abitudine ormai inveterata, risultò che il già detto primo lunedì del mese d'aprile del 1625, gli abitanti di Meung, sentendo rumore e non vedendo né la bandiera gialla e rossa, né la livrea del duca di Richelieu, si precipitaronon verso l'osteria del Franc-Meunier dalla quale proveniva il chiasso. E non appena arrivati, poterono appurarne la causa.

Titolo originale: Les Trois Mosquetaires (1844)
(Edizioni Mondadori - traduzione di Antonio Beltramelli)


[Trascritto da Ardesia | 30/05/2008 | p.link | segnala un errore | ]


[25 maggio 08]

La signora Ribbentrop mi ha scritto che le dispiace, ma in questo periodo non si trova a casa; è quindi impossibile incontrarci.
Per due volte suono il campanello della signora Emy Göring; la governante non apre la porta, e affacciandosi a una specie di finestrella mi consente di avviare una monotona e inconcludente conversazione. La signora Göring diffida dei giornalisti; posso, se credo, lasciare un biglietto e accennare alle domande che mi piacerebbe rivolgerle. In questo momento, però, non è proprio a Monaco, dovrebbe tornare, si capisce, ma non si sa quando. Forse la prossima settimana, forse più tardi.
La signorina Gudrun Himmler (fa una certa impressione leggere questo nome fra le targhette dei campanelli), dopo una serie di garbati dialoghi telefonici, dichiara lealmente che, tanto, quello che pensa non me lo vuol dire, e allora non c'è ragione che perdiamo del tempo. La madre fa la sarta, e anche lei ha un impiego.
Il cameriere di Hitler vive ad Amburgo; si era messo in commercio, ma ho letto da qualche parte che gli affari non gli sono andati per il verso giusto, e ha dei pensieri; l'ultimo, di certo, è quello di parlare del suo defunto padrone.

(1962)
(Edizioni BUR, 1975)


[Trascritto da Ardesia | 25/05/2008 | p.link | segnala un errore | ]


[20 maggio 08]

Nell'ultimo quarto del secolo ventesimo, in un periodo in cui la civiltà occidentale declinava troppo in fretta per il bene comune ma anche troppo lentamente per suscitare particolari entusiasmi, gran parte del mondo se ne stava tutto teso sull'orlo d'una poltroncina di platea sempre più costosa, apettando – con un variabilissimo miscuglio di paura, speranza ed ennui – che accadesse qualcosa di importante.
Qualcosa d'importante non poteva non essere sul punto di accadere. Ma di cosa si sarebbe trattato? Eppoi, sarebbe stato apocalittico o rinnovante? Una cura per il cancro o un bang nucleare? Un mutamento nel clima o nelle maree? Sismi in California, api assassine a Londra, gli arabi in Borsa, nascite in provetta o un UFO sul prato della Casa Bianca? Sarebbero spuntati i baffi alla Gioconda? Sarebbe precipitato il dollaro?
I cristiani abbonati all'idea della Seconda Venuta erano convinti che, dopo duemila anni di tesissimo intervallo, l'altra scarpa stava per cadere.
Cinque dei più noti veggenti del momento, riunitisi al Chelsea Hotel, predissero che l'Atlantide sarebbe presto risorta dalle acque.
Al che la Principessa Leigh-Cheri commentava: «Esistono due continenti perduti... uno era le Hawai, detto Mu, la madre, la cui punta si proietta tuttora sui nostri sensi – la terra delle danze schiaffeggiate, della musica pescatrice, dei fiori e della felicità. Esistono tre continenti perduti... Uno siamo noi: gli amanti».
Quale che sia la stima per il pensiero geografico della Principessa Leigh-Cheri, occorre ammettere che l'ultimo quarto di secolo era stato nero per gli amanti. Un'epoca in cui le donne avevano apertamente osteggiato i maschi, in cui i rapporti romantici avevano assunto il carattere raro del ghiaccio a primavera, relegando non pochi pargoli su frastagliate e inospitali banchise galleggianti.
Non si sapeva più come pensare alla luna.

Titolo originale: Still Life with Woodpecker (1980)
(Edizioni Baldini Castoldi Dalai - traduzione di Francesco Franconeri)


[Trascritto da Ardesia | 20/05/2008 | p.link | segnala un errore | ]


[15 maggio 08]

Mi trovavo nel Surrey in missione per conto di Lord Thomas Cromwell, quando arrivò la convocazione. Le terre di un monastero dissolto erano state assegnate a un membro del Parlamento del cui appoggio Lord Cromwell aveva bisogno, e i documenti che sancivano il titolo di proprietà di alcuni terreni boscosi erano spariti. Li avevo rintracciati senza difficoltà, quindi avevo accettato con gioia l'invito del parlamentare a trascorrere qualche giorno presso la sua famiglia. Ora stavo godendomi quel breve riposo, nella quiete di inizio autunno, prima di far ritorno a Londra e all'esercizio della mia professione. Sir Stephen possedeva una deliziosa e recente magione in mattoni dalle gradevoli proporzioni e io mi ero offerto di farne un disegno, ma ero riuscito ad abbozzarne solo pochi schizzi, quando giunse un cavaliere.

Titolo originale: Dissolution (2007)
(Edizioni Sperling & Kupfer - traduzione di Giulia Balducci)


[Trascritto da Ardesia | 15/05/2008 | p.link | segnala un errore | ]


[10 maggio 08]


Capitolo primo
Dove facciamo conoscenza di Prisca,
una delle tre eroine di questa storia.
E della sua tartaruga.

Quando era piccola, Prisca si era sempre rifiutata di imparare a nuotare con la testa sott'acqua, come pretendevano suo padre e suo nonno. Era convinta che il mare, attraverso i buchi delle orecchie, potesse entrarle nel cervello. E un cervello annacquato, si sa, funziona male. Forse che il nonno, quando lei non capiva al volo qualcosa, non le diceva spazientito: – Ma ti è andato in brodo il cervello?
Per lo stesso motivo Prisca non voleva mai tuffarsi dalla barca o dal molo, come facevano suo fratello Gabriele e gli altri bambini. E, naturalmente, c'era sempre qualche dispettoso che mentre lei nuotava tranquilla con il mento sollevato, le arrivava zitto zitto alle spalle, le metteva una mano sulla testa e la cacciava sotto.
Quanti pianti si era fatta! Di paura, ma soprattutto di rabbia impotente. Tanto più che quando andava a protestare dalla madre sotto l'ombrellone, quella, invece di difenderla o consolarla, la sgridava: – Non sai stare agli scherzi. Sei troppo permalosa. In fondo cosa ti hanno fatto? Finirai per diventare lo zimbello della spiaggia.

(1991)
(Edizioni Mondadori)


[Trascritto da Ardesia | 10/05/2008 | p.link | segnala un errore | ]


[05 maggio 08]

Stava dormenno che manco le cannonate l'avrebbero arrisbigliato. O meglio: le cannonate no, ma lo squillo del telefono sì.
Un omo che ai jorni nostri campa in un paìsi civilizzato come il nostro (ah ah) se percepisce nel mezzo del sonno botte di cannonate, certamente le scangia per truniata di temporale, spari per la festa del santo patrono o spostamento di mobili da parte di quei garrusi che abitano al piano di supra e continua bellamente a dormiri. Ma lo squillo del telefono, la marcetta del cellulare, il campanello della porta, quelle no, quelle sono tutte rumorate di richiamo al quale l'omo civilizzato (ah ah) non può fari altro che assumare dalle profondità del sonno e arrispunniri.
E di conseguenzia, Montalbano si susì dal letto, taliò il ralogio, taliò verso la finestra, capì che avrebbe fatto càvudo assà e anno nella càmmara di mangiare indove il telefono sonava alla dispirata.
«Salvo, ma dov'eri? È da mezzora che chiamo!».
«Scusami, Livia, ero sotto la doccia, non sentivo».
Prima farfantaria della jornata.
Pirchì l'aviva ditta? Pirchì s'affruntava di diri a Livia che stava ancora dormenno o pirchì non voliva mortificarla dicennole che era stato arrisbigliato da quella telefonata? Boh.

(2006)
(Edizioni Sellerio)


[Trascritto da Ardesia | 05/05/2008 | p.link | segnala un errore | ]







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