Qualche tempo fa mi era venuta l’idea di sperimentare un genere di commento libresco tutto nuovo e particolare. In pratica si trattava di comporre una sorta di trailer di parole per raccontare un libro senza però rivelarne i punti salienti, così da introdurre i potenziali lettori nelle atmosfere della storia e contemporaneamente riaccenderne il ricordo in chi già aveva affondato il naso fra le sue pagine.
L’esposizione doveva ricalcare quella del libro e i riferimenti ai fatti essere precisi, ma sfuggenti al tempo stesso.
Per il momento di questi commenti trailerizzati ne è saltato fuori soltanto uno, ispirato da uno romanzo davvero splendido:
Memoriale del convento - José Saramago La volontà di uno scrittore è riuscita a far volare nei cieli del Portogallo un amore di uomo e di donna, un'unione di soli e di lune. Volatore è padre Bartolomeu Lourenco col progetto del suo uccellaccio costruito da un uncino e da uno sfinimento di occhi sanato poi dalle note 'scarlatte' di un clavicembalo che ora suona sul fondo di un pozzo. Volatrice è colei che per anni e anni ha misurato passo dopo passo tutte le strade di una nazione. Si può volare anche in terra perché le ali non sono solo quelle che portano verso il sole. I fumi dell'auto da fé anneriscono le trame dei destini. Meglio ardere di passione che finire sulla pira, peccato che in certi tempi e in certi luoghi le due cose coincidano. Un re, una regina, un voto. Un popolo che al carico del proprio fardello deve aggiungere anche il sudore per erigere promesse strette fra sovrani e volte celesti, che più che volte sono volti in ombra sotto al cappuccio dei saii. Uomini tutti, ma eretto sul trono uno solo, curvi sotto il peso delle pietre del convento di Mafra una moltitudine. Dio potrà anche fare a meno della mano sinistra, ma quaggiù la vita è imprevedibile e di mani è meglio averne due, che nemmeno questo è garanzia di salvezza e Francisco Marques lo sa bene. Una storia. Una regina che vuole essere solo donna e un eremita che vuole essere solo uomo. Milioni di storie. Di mondi ne esistono tanti, troppi, anche senza giochi di magia, anche senza stregoneria e fiamme d'inquisizione. Lo sanno le statue dei santi in cerchio nel loro conciliabolo di stelle, lo sa Blimunda che mangia il suo pane, lo sa Baltasar, l'unico a vivere in un mondo in cui Blimunda è lei a essere sole.
Ho iniziato a leggere delle Fortune e sfortune della famosa Moll Flanders e ci son rimasta di stucco: è tutto diverso rispetto al film! Maddai! Uff. A me la trasposizione cinematografica di Robin Wright era piaciuta, con la bambinozza indisponente, tronfia e saccente, che teneva indispettita il broncio a un Morgan Freeman tutto preso dalla lettura della storia delle peripezie della madre di lei, così sfrontata e sfigata, e palesemente stracotto di quella donna così tempestosa (anche se questo non viene mai dichiarato, ma si evince, no? Basta sprosciuttarsi un attimo gli occhi). E invece ora mi son spariti tutti! Niente Moll in miniatura immusonita, niente voce narrante fuoricampo e niente di tutto il resto! Insomma, per il momento di uguale c'è solo il titolo. Anzi, a voler esser puntigliosi, nemmeno quello. Solo il nome della protagonista, che comunque è fittizio. Beh, almeno così non so come va a finire, a meno che gli sceneggiatori non abbiano avuto la bella pensata di cambiare tutto tranne il finale.
I'm a joker I'm a smoker
I'm a midnight toker
I get my lovin' on the run'm a picker
I'm a grinner
I'm a lover
And i'm a sinner
I play my music in the sun
I'm a joker
I'm a smoker
I'm a midnight toker
I sure don't want to hurt no one
(The Joker, Steve Miller Band)
Non mi ha entusiasmato granché... Mi sono piaciute le informazioni/testimonianze sull'evolversi della situazione in Afghanistan e i particolari relativi alle usanze e alle tradizioni, ma per il resto sono rimasta delusa. Forse, vista la fama del romanzo, mi ero creata delle aspettative troppo alte.
La trama mi è sembrata forzata oltremisura, creata ad arte per ricercare un sensazionalismo esagerato, e lo stile asciutto in realtà l'ho percepito come un rincorrersi di parole che come unico scopo ha l'elencazione di una serie di fatti. Più che un romanzo con sensazioni e vicende da assaporare, mi sembra di aver letto la solita sceneggiatura strappalacrime costruita appositamente per sbancare il botteghino, la classica "americanata"; diciamo che l'autore sembra essersi ambientato proprio bene nel suo paese adottivo :p
Credo che il film potrei apprezzarlo più del romanzo.
Ecco il trailer (in inglese):
E per restare in tema:
Who's to say where the wind will take you
Who's to say what it is will break you
I don't know which way the wind will blow
Who's to know when the time has come around
Don't wanna see you cry
I know that this is not goodbye
(Kite, U2)
"La memoria umana è uno strumento meraviglioso ma fallace. È questa una verità logora, nota non solo agli psicologi, ma anche a chiunque abbia posto attenzione al comportamento di chi lo circonda, o al suo stesso comportamento. I ricordi che giacciono non sono incisi sulla pietra; non solo tendono a cancellarsi con gli anni, ma spesso si modificano, o addirittura si accrescono, incorporando lineamenti estranei."
Dettagliata ricostruzione della situazione politica, sociale, affaristica della Roma tardo repubblicana: geniale, ma che fatica arrivare in fondo! Amaro scherzo dell'idiozia umana: il testo fa riferimento a fatti di duemila e passa anni fa, ma l'eco degli argomenti trattati è talmente familiare da sembrare uscito da una cronaca degli ultimi trent'anni di storia italiana. Complotti, corruzione e bustarelle come se piovessero, tanto che a un certo punto, quando viene citato il Ponte Milvio, ci si aspetta di leggere di qualcuno che sta attaccando dei lucchetti a un lampione, come se si trattasse davvero di una storia dei giorni nostri. Evidentemente, stando alla rievocazione della penna di Brecht, per quanto riguarda la dimensione politica siamo proprio degni discendenti dei nostri antenati togati.
Aiuto. Siamo in balia di una manica di debosciati. Chi ragiona con la propria testa e va contro i dettami di partito viene prima assalito e poi rinnegato. In senato. In una democrazia. Ma si potrà? Lo dico a prescindere da qualsivoglia orientamento politico. Sono incredula. E dire che ormai - purtroppo - dovrei/dovremmo esserci abituati. Cade il governo: alè, evvai con la pioggia di spumante modello gran premio di formula uno. Ma saran suonati? È una gara? No, perché a me non sembra una gara. E quell'altro che centra tutto il suo intervento sulla lettura di una poesia di Neruda... che però a Neruda non è mai venuto in mente di scrivere? Infatti trattasi di bufala abbastanza datata che con tutta probabilità deve la sua diffusione a un tamtam internettiano poco attento alle fonti bibliografiche. Bella figura presentarsi lì con del materiale pescato alla carlona su internet.
L'unica speranza di salvezza è che siano tutti mollicci sotto l'effetto di un incantesimo riddikulus. Questo spiegherebbe tante cose. Ma qua il riddikulus mi sa che è sfociato già da un pezzo nel patetikus.
La storia d'amore perfetta probabilmente, nella vita reale, non esiste, perché quando si ha a che fare con le faccende umane qualche inghippo è inevitabile.
I sentimenti affacciandosi alla finestrella del cuore per dare una sbirciatina fuori si ritrovano inevitabilmente a fare i conti con un contesto invaso da qualche miliardo di individui di troppo. E questa è solamente la prima della lunga serie di docce fredde che devono subire gli innamorati che decidono di scendere dalla loro nuvoletta rosa e di vivere un rapporto concreto.
Inoltre, altra questione assai curiosa è rappresentata dal fatto che, a modo loro, si innamorano un po' tutti: un cupido palesemente ubriaco svolazza a destra e a manca scagliando dardi focosi su chiunque gli si pari davanti, fregandosene una beata ceppa di colpire nel mucchio anche individui beceri, corrotti, capaci di compiere le nefandezze più atroci.
Putroppo o per fortuna - a seconda dei casi - solitamente nei romanzi quando si delinea una grande storia d'amore si ha a che vedere con personaggi positivi, sicurissimi dei propri sentimenti e che eventualmente vengono ostacolati da terzi. Situazione che sì, può certamente presentarsi anche nella vita vera, ma che non rappresenta che una delle infinite possibilità.
Però ci sono le eccezioni, e ogni tanto capita di imbattersi in eccezioni eccezionali, come quella di uno dei romanzi d'amore più belli che abbia mai letto.
In L'amore ai tempi del colera i protagonisti sono tutt'altro che amabili e non rispecchiano per nulla il prototipo dei perfetti innamorati da romanzo.
Lei, Fermina Daza, più che ricambiare i sentimenti del suo pretendente è innamorata del fatto di essere l'oggetto del desiderio di qualcuno e in un certo senso si innamora dell'idea dell'amore, per poi ritrattare la propria posizione al momento del dunque e sposare un altro.
Lui, Florentino Ariza, passa la vita nella morbosità di un'attesa che forse sarà vana o forse no, passando attraverso un numero infinito di donne, ma continuando a venerare in silenzio colei che gli sembra l'unica degna di essere desiderata.
Sono due dei personaggi più umani che abbia mai incontrato sulle pagine di un libro.
Lei, odiosa nel suo rifiuto, ottusamente presa da un capriccio e quasi disinteressata alle sorti e alla profondità del desiderio di lui.
Lui, così viscido e untuoso in certi comportamenti, specialmente nei rapporti con le altre donne, totalmente prigioniero di una patologia amorosa che non lascia spiragli ad altre occasioni di felicità e che nemmeno lo scorrere del tempo riesce a guarire.
Sono due persone vere.
Florentino e Fermina non sono personaggi costruiti per attirare le simpatie del lettore o per rappresentare l'idea dell'amore. Sono un uomo e una donna imperfetti che vivono una storia d'amore imperfetta, ma proprio per questo di forza rara e d'intensità quasi palpabile.
Forse l'unicità di questa storia sta nel fatto che Márquez si è ispirato massicciamente alla vita dei propri genitori e che quindi molto di ciò che racconta è successo realmente. Probabile, ma avrebbe comunque potuto barare addolcendo la pillola.
Personalmente lo ringrazio per non averlo fatto e per averci mostrato quanto può essere perfetta l'imperfezione.
Tre minuti e mezzo di un documentario (in spagnolo):
Baricco in una vecchia puntata di Pickwick racconta molto meglio di me di questo romanzo e ne legge l'ultima pagina. Metto il link al file audio dell'intervento (è lungo quasi sei minuti e mezzo) qui sotto, ma vi consiglio di ascoltarlo solamente se avete già letto il libro perché in pratica vi racconta tutta la trama e vi svela il finale. Inoltre se il file vi interessa salvatevelo perché tra un po' di tempo lo rimuoverò. Se volete vedere anche il video potete visionarlo qui (settima puntata), ma non è possibile andare avanti veloce (almeno io non riesco) quindi vi tocca guardare tutto dall'inizio.
Dato che fidarsi è bene, ma non fidarsi spesso evita sonni agitati e bruschi risvegli, ho in mente di travasare pian piano tutti i commenti che ho scritto su Anobii anche qui sul blog, che perciò idealmente potrebbe fregare l'idea all'ultimo Hornby e sottotitolarsi una vita da lettore, senza nemmeno cambio di genere dal maschile al femminile, che tanto lettore o lettrice non è importante: quando si ha per le mani un libro la cosa fondamentale è saperlo leggere, il libro, intendo, e non soltanto le parole. Anobii, come tutti i siti presenti in quest’istante sul web, oggi c’è, domani chissà, quindi tanto vale pararsi il didietro e radunare tutto in un posticino in la pubblicazione ce la si gestisce in proprio. Ora, visto che una mera opera di copia/incolla è noiosa specialmente per chi la esegue, là dove mi sentirò ispirata e aspirata - nel senso di trasportata dalla corrente e sballottata dagli eventi - integrerò commenti e note con riflessioni sparse e con quello che mi verrà in mente al momento. Credo che inizierò con un commento che ancora non esiste. E qui il senso di quanto ho appena scritto sviene di botto! Niente paura, prendo i sali e cerco di farlo rinvenire nel giro di un paio di post.
Giusto per vedere cosa salta fuori da questa tastiera con la L tutta consumata (chissà poi perché proprio la L) quando chi ci ticchetta sopra è agli sgoccioli - nel senso che si sta liquefacendo dalla stanchezza proprio qui, ora, nelle fessure segrete fra un tasto e l'altro – che poi tanto segrete non sono: una volta i tasti li ho tolti tutti e sotto c'era solo un bel mucchio di banalissima sporcizia -, alle quattro di una notte nebbiosa andata tutta storta perché l'entusiasmo è stato disilluso e l'impegno si è dimostrato vano, con la musica alta negli auricolari a tappo (tecnicamente a isolamento acustico, ma in pratica tappano, quindi son a tappo) così da tener fuori anche il silenzio oltre che il rumore, ma alla fine se quella che si sente fuori sono io, sono utili anche per tenere fuori la me stessa esausta e afflitta. Grazie al cielo mi trovo a tre passi, o due balzi, o un salto in lungo (non da record) dal letto. Piroetta, inchino, sipario.
Con l'intero testo di Cyrano di Bergerac a disposizione per sottolineature e ghirigori alla fine l'unica parola che è riuscita a farmi interrompere un momento la lettura per andare alla ricerca del pastello blu qual è stata? Un forse. E allora appare lampante perché mi esalti tanto il monologo del "no, grazie". Avercela quella sicurezza, almeno riguardo a qualcosa. Invece qui è sempre tutto un coacervo di mah, però, boh, chissà… Certo, sempre meglio un po' di sano dubbio, piuttosto che la flebile e irritante presa di posizione di un Bartleby che con quel suo assurdo "preferirei di no" verrebbe da prendere a schiaffi seduta stante, ma un pizzico della spavalderia di quel "no, grazie" a Cyrano gliela invidio proprio. Che poi non abbia avuto l'ardire di dichiararsi apertamente a quella squinternata di Rossana è irrilevante; Cyrano sarà anche stato d'aspetto orribile, ma lei con quelle due fette di prosciutto sopra gli occhi meritava giusto di stare assieme a quel pezzo di manzo di cui si era invaghita.
[Un grossissimo grazie (senza "no" davanti) a chi si è fidato a prestarmi la sua amata copia di Cyrano!]
PS: qualcuno sa dirmi se on-line esiste il testo del Cyrano tradotto più di un secolo fa da Mario Giobbe? Dopo aver letto la traduzione in prosa di Franco Cuomo mi piacerebbe vedere anche quella in versi. Ho cercato da me, ma non ne ho trovata traccia. --> Trovato!
La verità è che aggiornare il blog una volta ogni tot mesi è autoinibente perché il post a cadenza trimestrale potrebbe creare aspettative. Se si scrive spesso non importa se i post sono brevi , i contenuti inutili, lo stile macilento. Da un paio di righe buttate lì al volo nessuno può pretendere nulla, nemmeno chi le mette assieme. Ma se tra un’elucubrazione e l’altra passano miliardi e miliardi di metri cubi d’acqua sotto i ponti, allora non è che si può prendere e scrivere la prima cosa che salta in mente. È un circolo vizioso, come tutte le cose della vita del resto: il fatto che la nascita sia il punto di partenza e la morte quello di arrivo potrebbe sembrare logico, ma quante religioni abbiamo dovuto tirare fuori dal cappello a cilindro mistico per convincerci del contrario? Comunque sia, gira che ti rigira, il punto è che mi serviva un post non proprio breve, non proprio inutile e non proprio macilento per rompere il ghiaccio, un po’ come lo scoiattolo preistorico dell’Era glaciale, con le uniche differenze che io non sto inseguendo una ghianda, che non vivo in un cartone animato (ma anche sì) e che non sono uno scoiattolo (con le vigorsol tra l’altro ho smesso da anni perché mi impiastricciavano i lati della bocca di bianco che pareva mi fossi appena fatta fuori una biberonata di latte rappreso). Pazienza se gli intenti non hanno trovato riscontri plaudenti; ora posto e chi si è visto si è visto.
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1: titolo preso in prestito dalla Canzone di Bacco di Lorenzo de Medici