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Archivio - giugno 2004 [mercoledì 30 giugno 04]
Ultimamente mi capita sempre più spesso di spulciare il web alla ricerca di informazioni che mi interessano e di vedermi propinati link al mio blog o ad interventi che nel corso dei mesi ho abbandonato in giro. La cosa in sé non dovrebbe sorprendermi perché scrivendo quasi quotidianamente in uno spazio on-line è logico finire per essere indicizzati, ma trovare in giro inaspettate tracce di me mi lascia ancora addosso un misto di stupore ed incredulità.
Poco fa google ha riesumato un commento che ho inviato quasi un anno fa ad uno dei blog dell'espresso, più precisamente ad un post dal titolo "Le regole del successo" (Succede anche questo. Leggo su "Flash Art" che in America sono usciti ben tre manuali su come diventare artisti di successo...)
"Commento lasciato da scintilla il 10 July 2003 alle 16:50PM
meglio trovarsi di fronte un artista a cui è successo casualmente di esser considerato tale, piuttosto che qualcuno che cerca il successo in un vade mecum cartaceo.
Saluti :)
http://lintercapedine.splinder.it/
Il 10 luglio scorso avevo un url splinderiano e un nick improbabile!
Non ricordo nemmeno da dove era saltato fuori *scintilla*. Non che mi dispiacesse, ma alla lunga quei due asterischi avevano iniziato a rompermi le scatole.
Un giorno dovrei fare appello a tutta la mia santa pazienza e trovare il modo di travasare i post del vecchio blog nel nuovo dominio, anche se purtroppo temo che non riuscirò a conservare i commenti. Uè, se qualcuno sa come spostare tutto salvando capra e cavoli non faccia il timido e mi consigli!
Nel frattempo credo che inizierò a scrivere il mio personale vade mecum cartaceo su come divenire un artista di successo, che naturalmente si intitolerà: "Coerenza? Meglio senza!"
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Ho sognato che stavo discutendo al telefono con Dio. Gli dicevo, e con una certa enfasi, che doveva ammetterlo che la cacciata di Adamo ed Eva dal paradiso non era stata altro che una montatura; lo sanno tutti che ai bambini non c'è modo più semplice che imporgli un divieto categorico per essere certi che lo infrangano!
Dire a due esseri che si stanno affacciando alla vita: "Uè, ragazzi, qui potete fare tutto quello che vi pare, ma guai a chi mi tocca le mele", è un invito implicito a farsi 'na scorpacciata di Golden e di Stark. Altro che piccola prova di fiducia!
A qualcuno serviva un colpo di scena, forse per dare un po' di mordente alle Scritture, e son saltati fuori il divieto ed il serpente.
Dio, all'altro capo del telefono, mi ha lasciato terminare il mio sfogo e poi solo alla fine ha solennemente decretato: "Lo sai vero cosa ti aspetta nel sogno di domani notte?"
Sì, lo so: un bel processo per eresia pieno zeppo di illazioni, falsità e bigotterie, una condanna (scontata) ed un rogo... che col caldo che fa ed un pizzico di suggestione, potrebbe anche apparire abbastanza verosimile!
Già sudo.
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[lunedì 28 giugno 04]
Quando termini un romanzo e dopo un paio di giorni ti sorprendi a ricamare mentalmente le vite dei personaggi che lo animavano, allora capisci che hai trovato uno scrittore che è anche innanzi tutto un raccontastorie che per narrare usa anche il cuore.
Coe l'ho incontrato per la prima volta ne "La casa del sonno" e di quel primo approccio, bensì siano trascorsi non meno di sette anni, ricordo ancora nitidamente molti passaggi... e so già che quando uscirà il seguito de "La banda dei brocchi" ( Nota dell'autore: ci sarà un seguito a "La banda dei brocchi", intitolato "The Closed Circle", che riprenderà il racconto alla fine degli anni novanta.) non dovrò certamente faticare per riprendere il filo logico col prosieguo dei destini di Benjamin, Lois e tutti gli altri... perché Coe non si limita a presentarci delle storie, ma ci trascina con garbo e senza scossoni direttamente a contatto con la vicenda, ce la fa vedere come se fossimo lì, a pochi passi da quello che sta accadendo ai personaggi, che non sono piatte rappresentazioni di cartapesta, bensì anime frementi.
E finisce che leggendo questo libro non si può non sentirsi un po' brocchi, perché le sfighe nella vita capitano a tutti, nell'Inghilterra degli anni '70 così come nell'Italia degli anni '90 ed oltre...
Ed allora non si può far altro che aspettare di leggere che fine hanno fatto i brocchi del libro, per vedere se c'è qualche speranza anche per chi brocco lo è nella vita reale... sempre che la vita reale sia questa e non quella messa nero su bianco fra le pagine di un romanzo.
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[giovedì 17 giugno 04]
Vorrei poter dire che ogni tanto sparisco da qui perché la vita mi succhia via tutte le energie, perché devo andare, fare, costruire, creare, perché il cielo e la terra sono pieni di cose che non possono fare a meno della mia presenza, perché sono una fonte inesauribile di domande a cui voglio trovare risposte soddisfacenti.
Lo vorrei.
E invece no. O almeno non precisamente.
Ultimamente qui scrivo poco e lo faccio soltanto perché non mi va di scriverci molto.
Però forse presto tutto cambierà.
"Mi auguro di trovare la forza, il coraggio e il modo per far cambiare il vento... a costo di mettermi a soffiare personalmente nella direzione opposta!"
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[domenica 13 giugno 04]
Ma quelli del TG5 possono trasmettere i risultati degli exit poll delle Europee e delle Amministrative già 3 minuti prima del termine dell'orario utile per votare??
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Ci avete mai fatto caso ai deliri che sfuggono ai telecronisti delle gare sportive?
Oggi, durante il MotoGP, mi sono trascritta al volo alcuni passaggi della telecronaca...
A me questi normalissimi non sembrano, ma non sono un'esperta del settore... per fortuna!
"Mi è venuta la lingua un po' così"
"Le gomme non dico che sono alla frutta, ma quasi"
"Sono al formaggio!"
"Va bene, intanto qua stiamo spazzolando preventivamente la pista... Vediamo come stanno dando il loro contributo alla manutenzione della pista."
"Intanto ci deliziamo con queste immaggine..."
"Massììììììì, massìììììììì, fumiamo in pista!!"
"Forse Checa gliela sta dando su. Ma anche lui ci sta facendo vedere delle belle robe."
"...ma allora che ora stia un po' dietro a studiarselo perché se lo sorpassa mi casca la tesi come un castello di carte. Vediamoo, vediamoo!"
"...o povero Bayliss mannaggia mannaggia, però si muove siamo tranquilli..."
"... Melandri... ha dovuto anche sbattere il faccione, in più di una situazione scomoda, diciamo il braccione..."
"Rossi e Gibernauuuuuuuu, Rossi e Gibernauuuuuuuu, i rivali 2003 diventano rivalissimi 2004!"
"Lo sa benissimo Gibernau è la tronata delle tronate. E' la regina delle tronate. Non ce n'è!"
"Sono un po' stanchino anch'io!"
Stanchino??
No, tu sei ubriaco bello mio!!
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[sabato 12 giugno 04]
Prefazione di Natalia Ginzburg, Edizioni Einaudi:
Il diario di Anna Frank ha inizio nel giugno 1942. Nel giugno '42, la sua vita presenta ancora qualche rassomiglianza con la vita d'una qualunque ragazzina dell'età sua. Ma siamo ad Amsterdam, l'Olanda è in mano ai tedeschi da due anni; e le SS vanno per le case cercando gli ebrei. A tredici anni appena compiuti, Anna conosce e parla con estrema naturalezza il linguaggio dei perseguitati: sa che lei e i suoi debbon portare la stella giudaica, che non possono frequentare locali pubblici, che non possono prendere il tram.
Dall'invasione tedesca "i bei tempi sono finiti", scrive Anna nel suo diario; ma "finora per noi quattro è andato discretamente bene". La guerra, le privazioni alimentari, i tedeschi e il pericolo, tutto questo Anna nel giugno '42 può ancora dimenticarselo ogni tanto, e vivere abbastanza gioiosamente mangiando gelati, volteggiando in bicicletta, flirtando con i compagni, studiando la mitologia greca; fino al giorno in cui tutta la famiglia Frank si trasferisce nell'"alloggio segreto", per sfuggire ai tedeschi e tentare di salvarsi.
Dopo la lettura del diario di Anna e della breve nota che lo conclude (gli abitanti dell'"alloggio segreto" non si sono salvati), questo "alloggio segreto" con le sue scale e scalette e le stanze buie dai fitti tappeti e i massicci mobili d'ufficio mischiati alle masserizie, ci sta davanti con una forza ossessiva, come una grande trappola: per due anni, la famiglia Frank, la famiglia Van Daan e il dentista Dussel vi hanno abitato senza uscirne mai, senza mai affacciarsi alle finestre, visitati soltanto dai fedeli amici che conoscono il segreto dello scaffale girevole, che portano dall'esterno cibo, libri, notizie; vi hanno abitato raschiando e cucinando patate, litigando, ascoltando la radio inglese, fra alternative di paura e speranza; ossessionati dalle privazioni alimentari, dalla noia, dai mille problemi d'una forzata clausura; in questa attesa di adulti snervati che un nulla fa trasalire, Anna è venuta a trovarsi con i suoi propri problemi di ragazzina che cresce e che si trasforma, inevitabilmente sentendosi soffocare fra la mancanza d'aria libera e questi monotoni discorsi d'adulti; sentendosi incompresa e abbondata a se stessa, con la sua propria paura e la sua propria noia, fra la noia e la paura degli altri. Nel diario, ora si lamenta con quella voluttà di lamentarsi che è propria degli adolescenti, ora critica aspramente i sistemi di educazione dei suoi ( "non mi trattano mai in modo uguale"). Ora è in rotta con i suoi e con gli altri abitanti dell'"alloggio segreto", le sembra d'odiare sua madre e ne è stupefatta; ora, di nuovo docile e allegra, di colpo riconciliata con l'esistenza, torna a far parte della piccola comunità e il suo diario è di nuovo fedele cronaca quotidiana, è il giornale di bordo di questa nave immobile nel centro di Amsterdam, che naufraga lentamente senza saperlo.
Anna ha un'intelligenza penetrante e precoce; un occhio critico a cui non sfugge nulla. Ha il dono dell'ironia, la facoltà di raccontare cogliendo le cose nella loro sostanza. Nelle sue mani, il diario diventa dunque lo specchio fedele della vita di questa piccola comunità in clausura: una comunità ben definita e riconoscibile in ogni suo particolare sociale, individuata con costante freschezza; a nessuno è risparmiato l'aspro giudizio di Anna, eppure tutti appaiono nella loro sostanza umana più indifesa e pietosa, e li sentiamo così vicini a noi che a lungo li sentiamo col pensiero oltre le pagine del diario, nei campi dove sono morti.
Sono ebrei benestanti, che hanno avuto in passato una vasta rete di affari e di conoscenze, e abitudini di vita piacevole e comoda: e tuttavia né tali abitudini né il denaro li hanno provveduti di quella sicurezza, di quel senso di stabilità cieca e incrollabile che è proprio di chi appartiene al loro stesso gruppo sociale, perché gli ebrei della Mittel-Europa hanno nel sangue il senso della persecuzione, del terreno malfermo, del pericolo. Irrequieti e dolenti anche nei tempi sereni, essi si adattano senza fatica alla condizione più disagiata e pericolosa; dolendosi, ma senza stupore, ritrovando forse nelle loro più antiche memorie vetrine di negozi infrante, quartieri devastati e incendiati. Ma questo adattamento alla miseria o al pericolo è, nella famiglia di Anna e nei suoi amici Van Daan, l'unica forza: perché essi hanno poi tutta l'infantilità, tutto il puerile attaccamento alle cose futili che è proprio di chi è spinto nel pericolo senza una vera coscienza responsabile, senza una fede. E l'insofferenza di Anna per quanti la circondano proviene forse proprio da questo, senza che lei stessa se ne renda conto chiaramente: lei, sola bambina tra adulti, si sente in verità la sola adulta, la sola che in qualche modo si disponga a morire: la sola che cerchi nel pensiero della morte qualcosa che non sia puramente orrore o pena: la sola che cerchi di guardare oltre a sé, che spinga il proprio pensiero fuori della monotona vicenda di speranza e paura: la sola che cerchi nella propria storia un significato universale.
Il libro di Anna Frank, noi lo leggiamo sempre tenendo presente la sua tragica conclusione; senza poterci fermare a quei precisi momenti che vi son raccontati, ma sempre guardando oltre, sempre cercando di figurarci quel campo di Bergen Belsen, dove Anna è morta, e quegli otto mesi che ha trascorso là, prima della morte, certo penosamente ricordando l'"alloggio segreto", l'idillio con il ragazzo Peter, i gattini, le feste per i compleanni, le amiche Elli e Miep che fino all'ultimo han rischiato la vita per la salvezza di lei e dei suoi; tutto questo, mentre leggiamo, ci sta davanti così come Anna deve averlo rievocato in quegli otto mesi, tutti i due anni dell'"alloggio segreto" così come saranno riapparsi a lei e agli altri quel mattino sul camion, fra i tedeschi che li portavano via, quei due anni strappati ai tedeschi e vissuti a insaputa dei tedeschi, di frodo, quei due anni che hanno consentito ad Anna Frank di scrivere il suo diario.
"È un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perché esse sembrano assurde e inattuabili. Le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell'intima bontà dell'uomo. Mi è impossibile costruire tutto sulla base della morte, della miseria, della confusione. Vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto, odo sempre più forte l'avvicinarsi del rombo che ucciderà noi pure, partecipo al dolore di milioni di uomini, eppure quando guardo il cielo, penso che tutto si volgerà nuovamente al bene, che anche questa spietata durezza cesserà, che ritorneranno l'ordine, la pace e la serenità".
Così scrive Anna, pochi giorni prima che i tedeschi irrompano nell'"alloggio segreto"; e sono parole come queste, sono pagine come queste che fanno del suo diario qualcosa di più d'un semplice documento umano; sono pagine come queste che ci fanno tornare a questo libro vincendo la pietosa emozione che ci dà l'innocente e garrula voce a cui fu imposto silenzio. Di questa voce, noi serbiamo nella memoria la vibrazione fiduciosa e serena, la bontà coraggiosa che ha superato la morte.
Natalia Ginzburg
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[giovedì 10 giugno 04]
Non mi sento molto bene. Tutti mi dicono, giustamente, che dovrei andare subito dal medico, ma a me non va. Non ci voglio andare. Non sono ragionevole, lo so. Ma non ho nemmeno la forza di spostarmi da una stanza all'altra, figuriamoci se posso prendere, rendermi decente, uscire, attraversare mezza città e starmene minimo due ore seduta immobile in una sala d'aspetto.
Non ce la faccio. Non ce la voglio fare.
Al limite schiatto.
Se succede significa che era la mia ora.
Sono fatalista in queste cose.
Se invece me la cavo, alla fine avrò sviluppato degli anticorpi con le palle!
Non è così che funziona?
Senti, ma tu da quant'è che non vai dal medico per una influenza?
Hum, che io mi ricordi, saranno almeno almeno 18 anni buoni.
Ma in tutto questo tempo non ti sei mai ammalata?
Certo che mi sono ammalata, ma sono guarita così.
Ah. Però questo non mi pare un atteggiamente molto saggio.
Non ho mai preteso che i miei atteggiamenti fossero ritenuti saggi.
Sì, ma...
Sì, ma, sto paio di palle. Io oggi dal dottore non ci vado. Vediamo che succede domani.
Ok. Che la forza sia con te.
Io confido più che altro nel sacro potere rigenerante dell'aspirina.
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[mercoledì 09 giugno 04]
Ieri notte ho visto lo speciale di Studio Aperto relativo alla liberazione degli ostaggi italiani in Iraq: ad un certo punto, durante un collegamento improvvisato con il nostro Presidente del Consiglio, che in quel momento si trovava in visita ad una scolaresca di Savannah, ho sentito un brivido freddo scendermi lungo la spina dorsale. Sì, perché ho realizzato che nel mondo ci sono dei bambini per i quali l'Italia, il Paese in cui vivo e che amo, non è niente di più che il faccione abbrustolito e gli occhi lessati di Berlusconi.
Non è un pensiero raccapricciante?
Certo che anche agli americani con Bush non è che vada molto meglio, però almeno loro prima hanno esportato E.T... che era certamente esteticamente molto meglio di B&B (che non significa Bed&Breakfast, bensì Bush&Berlusconi... anche se poi alla fine è effettivamente un gran magnamagna proprio alla Bed&Breakfast, nel senso che uno magna mentre l'altro se la dorme)
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[martedì 08 giugno 04]
[Foto gentilmente concessa da Buba]
"Madre degli Eneadi, gioia piena di uomini e dèi,
alma Venere, sotto gli astri che scorrono in cielo
popoli il mare ricco di navi, e la terra che arreca
le messi: attraverso di te infatti ogni stirpe di viventi
è concepita, e scorge, nata, la luce del Sole:
te, o dea, te fuggono i venti, e le nubi del cielo
il tuo giungere: per te la terra creatrice
sparge il suolo di fiori, per te sorride la piana del mare
tornato il sereno, brilla il cielo di luce uniforme."
(Tratto dal "De rerum natura" di Lucrezio)
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[lunedì 07 giugno 04]
I film di Harry Potter sono diversi dai libri da cui sono tratti.
E' normale.
Un libro è un libro e un film è un film, anche se raccontano la stessa storia o se perlomeno cercano di farlo.
I film di Harry Potter li ho visti tutti e tre molto volentieri: mi incuriosisce molto vedere come i personaggi e i luoghi che avevano preso forma nella mia immaginazione durante la lettura dei romanzi trovano o meno riscontro nella trasposizione cinematografica.
L'Harry che ritrovo nei libri non c'entra quasi nulla con le espressioni inebetite dell'attore che lo interpreta nei film; Hermione e Ron invece li ho sempre immaginati così, anche prima di vederli proiettati sullo schermo.
Comunque, a parte l'ovvio, quello che più si perde nei film credo sia la suspance: la Rowling riesce sempre a trovare i tempi e i modi giusti per le rivelazioni ed i colpi di scena.
"Harry Potter e il prigioniero di Azkaban" mi è piaciuto, tra l'altro, per le panoramiche mozzafiato su Hogwarts, per il disco che il professor Lupin mette durante la lezione con il molliccio, per il Platano Picchiatore, per il Nottetempo, per le due inquadrature in cui si attraversano gli ingranaggi della grande pendola, per il volo di Harry su Fierobecco, per l'interpretazione di Emma Thompson nei panni della Cooman, e più in generale per la veridicità conferita a tutto il contesto.
Chissà se arriverà prima il prossimo libro o il prossimo film...
Io spero il libro.
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[giovedì 03 giugno 04]
Ieri
dopo tutto il sali-sali, arranca-arranca per ammirare Firenze dall'alto,
dopo le scale per arrivare alla Chiesa di San Francesco
e ai "giriam-di-qua-e-giriam-di-là così diamo una sbirciata strategica al teatro Romano e a tutta l'area degli scavi archeologici evitando di pagare il salatissimo biglietto d'entrata",
dopo al "è ancora presto, dai passiamo anche di lì",
e ad altre salite ardite ed impervie scalinate di pietra per arrivar fino allo spiazzo torre di Federico II,
dopo tutto questo e molto altro, come dire, mi era venuto un certo languorino
però
(porca zozza)
non avendo la più pallida idea di dove e quali fossero i locali decenti della zona alla fine ho dovuto rinunciare ai miei sogni di gloria papillifera e accontentarmi di una cenetta tardiva e frugale.
A questo punto il domandone è di rito: qualche anima pia saprebbe consigliarmi pizzeria/ristorante/trattoria/agriturismo intorno a Firenze/Lucca/Pisa/Massa/Carrara?
Delle guide non mi fido!
Fosse per me lascerei fare al mio naso, ma al momento son raffreddata!
Un'insegna che mi era sembrata allettante però ci sarebbe: "Ristorante, pizzeria La Botteguccia", nei paraggi di Fucecchio, anche se poi non sono andata in avanscoperta. Qualcuno la conosce?
Uhm, mi sa che questa volta chiedo troppo, ma chi lo sa... magari qualche blogger toscano che non vede l'ora di darmi qualche dritta gastronomica c'è!
Ah, per il resto, lo avete capito vero dove ce ne siam andati a zonzo ieri io ed il mio sempre più aitante accompagnatore (che se magari in salita fosse un po' meno aitante, veloce e scattante, la sottoscritta sarebbe alquanto grata, 'che ritrovarsi sempre ansimante e sudaticcia non è il massimo della vita... e poi, uff, com'è che non regge più la scusa di fare pause tattiche per gustarsi il panorama?!?)?!
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