Non ho dormito per due notti di seguito. Non volevo pensare a niente quindi me ne andavo beatamente alla deriva in rete o sulle pagine di un libro fino all'alba. Non era il sonno che mi spaventava, bensì quell'intervallo di tempo che intercorre fra l'attimo in cui, ancora vigili, si chiudono gli occhi e quello in cui ci si addormenta. Non volevo ritrovarmi calata in quella strana dimensione in cui i malesseri di turno vengono misteriosamente amplificati. Paure, paranoie, timori immotivati ed inconfessati mi si sarebbero accalcati tutti insieme nella testa e non ne avrebbero voluto sapere di essere ricacciati al loro posto dai miei blandi tentativi di ridimensionamento.
Quanto si può resistere senza dormire? Presumo poco.
Non avevo sonno o mi sembrava di non averne.
Stavo naufragando.
Ma non coricarmi funzionava; non pensavo più a me, ai miei fantasmi, a tutti i miei deliri.
Ieri notte mi sono autoimposta di mettermi a letto e cercare di dormire, ma i fantasmi no, non li volevo ed allora ho optato per lo stordimento totale: lettore cd, cuffie, e colonna sonora di
"Lezioni di piano" di Michael Nyman a tutto volume. Ho selezionato la funzione "repeat all" ed ho cercato di concentrarmi totalmente sulla musica.
Ha funzionato.
Mi sono addormentata a metà del secondo ascolto - almeno mi pare - e nel frattempo quei brutti ceffi di pensieri viscidi e indesiderati non si sono fatti vedere.
Nemmeno uno. Nemmeno da lontano.
Ognuno è stato al suo posto.
Io nel letto, la musica nelle orecchie e nell'anima, le paranoie nella loro deleterea* dimensione.
Note:
*deleterea = detele + rea = cancella + colpevole = inconscia dichiarazione d'intenti esternata attraverso un involontario errore lessicale ("deleterea" vs "deleteria) che esprime tutta la sensazione di auto-colpevolezza latente nell'animo della sottoscritta.