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[martedì 29 aprile 2003]
"AMERICAN GODS" di Neil Gaiman
Dopo essersi accaparrato il premio Hugo, "American Gods" del poliedrico Neil Gaiman, con i suoi dei antichi e moderni, ha persuaso anche la giuria dei Nebula Awards, che son stati assegnati lo scorso 19 aprile a Philadelphia (...tra l'altro, a causa di un'infelice associazione mentale, ciò mi ricorda che ormai sono circa tre anni che sto cercando di ritrovare la colonna sonora del film "Philadelphia" che deve essersi infaustamente andata ad annidare nella custodia di qualche altro cd; maledetta abitudine di infilare cd ovunque! ...ma questo poco c'entra col Nebula)
Ho letto il libro in questione qualche mese fa, sull'onda dell'entusiasmo che si era creato in me leggendo "Nessun dove", e devo ammettere che sì, è un romanzo che merita, anche se forse personalmente avrei preferito ritrovarmi di fronte un'altra storia scritta con lo stesso registro di quella della Londra sotto di "Neverwhere". Invece in "American Gods" tira la (brutta) aria di poemone/polpettone fanta/epico.
Non è che non lo abbia apprezzato, ma forse chi vi è approdato facendo prima la conoscenza di Lady Porta, di Richard Mayer e di Islington (....."heavennnnnnnnnnnn, I'm in heavennnnnnnnnn" --> mentre lo leggevo mi son anche ritrovata a canticchiare il motivetto, insieme all'angelo!) credo possa concordare con me sul fatto che se "Nessun Dove" nella sua semplicità narrativa ha un nonsoché di magico ed intrigante, "American Gods" invece, seppur più complesso nella trama e nei contenuti, non riesce a a raggiungere lo stesso livello di coinvolgimento.
La lotta fra vecchi e nuovi dei non dico che sia scontata, ma sicuramente come idea mi appare più banale che quella di un universo parallelo nel sottosuolo londinese ed inoltre, il modo in cui viene impostata la storia, lascia meno spazio all'immaginazione.
Insomma credo si sia capito che le mie aspettative nei confronti di "American Gods" probabilmente erano troppo elevate e quindi la delusione prima e le ricriminazioni poi ne sono le inevitabili conseguenze.
Comunque sarei disonesta se dicessi che non mi è piaciuto; Gaiman riesce a creare personaggi tanto affascinanti quanto anomali, che si muovono sempre su una sorta di confine immaginario, una "terra di mezzo" in continuo mutamento fra ciò che è stato e ciò che potrebbe essere.
Mr Wednesday, ovvero Odino, assume come guardia del corpo Shadow, un uomo appena uscito di prigione, e lo conduce con sé, nel suo viaggio "propagandistico" attraverso gli States alla ricerca del sostegno delle antiche divinità, avvolgendolo in una spirale di mistero e misticismo. Alla a fine sarà proprio Shadow ad occupare un ruolo chiave nella battaglia fra forze antiche e moderne.
Uno dei predi di questo romanzo è sicuramente quello di non essere facilmente catalogabile; si tratta di fantasy, ma le incursioni degli altri generi letterari ne fanno un fantasy lontano dagli schemi comuni e perciò, a mio avviso, più godibile.
Poiché di norma tendo a anon aprezzare le etichettature, non posso non gradire tutto ciò che esula da un modello predefinito e preconfezionato e si libra verso l'indefinibilità.
Ho trovato affascinante, sia dal punto di vista estetico che da quello simbolico, la copertina dell'edizione Mondadori: quella strada dritta è ciò che più si avvicina all'idea che ho degli USA on the road ed il fulmine è un presagio dell'imminente battaglia Le pubblicazioni della collana "Strade Blu" difficilmente hanno brutte copertine, ma quella di "American Gods" secondo me merita una menzione particolare.
Prossima tappa nell'universo di Gaiman --> "Coraline".


[Ardesia | 2]

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