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[giovedì 16 ottobre 2003]
# 2
La sua prima esposizione era stata un successo.
L'afflusso massiccio di pubblico, i primi compratori che staccavano assegni, i critici d'arte che gli stringevano la mano entusiasti.
Ma quello per cui decenni dopo avrebbe ricordato la giornata del suo debutto artistico pubblico sarebbe stata una telefonata inaspettata che era andata a toccare le corde più nascoste della sua intimità.

Era rientrato da poco nel suo appartamento/studio, all'ultimo piano di una palazzina dall'aria poco raccomandabile, quando il telefono si mise a squillare.
"Pronto."
"Salve..."
"Chi parla?"
"Ero alla mostra oggi... M'interessa un quadro, vorrei comprarlo."
"Sì, mi dica; quale quadro?"
"Non c'era alla mostra... E' il quadro di una donna. Quella che ti fissa ogni notte."
"Ma cos..", s'interruppe bruscamente, le parole gli si strozzarono in gola ed ebbe l'ineffabile sensazione di essere stato scoperto; fu pervaso da un misto di vergogna e sollievo.
"Ah, sei tu... Non avevo riconosciuto la voce; sarà la stanchezza. Come fai a sapere del quadro?"
"Non lo sapevo. Ma me l'mmaginavo. Ora lo so."
Lui si ricompose e cercò un tono di voce calmo ed apparentemente sereno.
"Perché lo vuoi?"
"Voglio vedermi attraverso i tuoi occhi"
"Ed allora torna da me e potrai farlo ogni volta che vorrai..."
"No, lo sai, non è possibile"
"Ma..."
"Ma niente. Me lo vendi il quadro?"
"Te lo regalo"
"Ne farai un altro?"
"Non lo so... Forse sarebbe meglio di no."
"Lo penso anch'io. Senti, incartalo; lo farò venire a prendere domani sera da qualcuno, se a te sta bene..."
"Sì, certo, perfetto; domani sera va bene."
"Ok. Complimenti per la mostra. Te lo dicevo che prima o poi si sarebbero accorti di te...
"...ed io ci credevo solo perché a dirlo eri tu. Lo sai."
"Lo so. Addio."
"Addio"
Aggiunse rapido "ti amo", ma dall'altra parte la cornetta era già stata riagganciata.
Andò subito in camera e diede un'ultima, malinconica occhiata alla grande tela posta sulla parete di fianco al suo letto.
Negli ultimi due anni aveva tirato avanti vivendo d'espedienti, lavorando come fattorino di giorno e dipingendo la notte, finché esausto non crollava sul letto e si abbandonava allo sguardo della donna del quadro, fantasma di un amore impossibile da dimenticare.
L'immagine della sua amante nuda, stesa su un fianco, lo fissava dalla parete e gli trasmetteva la forza per continuare a dipingere, ma nel contempo gli dava anche l'illusione, la falsa speranza, di poter, un giorno, riavere di nuovo al suo fianco l'unica donna che avesse mai amato.
Ora sapeva che non sarebbe mai successo.
Maledisse il giorno in cui, per una dannata debolezza, l'aveva tradita.
Lei lo aveva perdonato, sì, ma se n'era andata per sempre... ed ora si portava via anche quell'ultimo riflesso, il fantasma del quadro.
Lui lo sapeva: lo stava liberando. Anche lei lo amava ancora e quel suo gesto, apparentemente egoista, era la prova dello sconfinato amore che provava verso quell'uomo che l'aveva ingannata e tradita miserabilmente.
Con un pennello sottile, intinto in un rosso carminio, scrisse in un angolo, sul retro della tela:
"Scusa. Anch'io ti amo ancora. Grazie per lo spiraglio di libertà che mi stai donando."
La sera seguente incartò il quadro e lo sistemò appoggiato al muro fuori dalla porta del suo appartamento; la mattina successiva era sparito, insieme al fantasma di una speranza vana.


[Ardesia | 5]

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