Ammollata fino al collo in un acuto ritorno di fiamma per le affabulazioni
baricchiane, ammetto di aver accolto con più di una punta d'emozione la notizia della realizzazione della
trasposizione cinematografica di quel gioiello di romanzo che è
Seta. Dal
teaser sembra promettere bene, anche se Hervé Joncour me lo immaginavo un po' più bruttarello di Michael Pitt e, per dirla proprio tutta, al solito faccino da cerbiatta smunta di Keira Knightley avrei preferito un volto meno noto ché ormai lei ce la rigirano in tutte le salse. Comunque sia per le critiche forse è meglio aspettare la prossima vendemmia, ovvero l'uscita del film prevista a settembre.
Ecco, a questo punto però vorrei far presente che la sottoscritta, per la serie "entusiasti sempre, ma soddisfatti mai e poi mai", apprezzerebbe molto anche il film di
Castelli di rabbia e quello di
Questa storia. Invece, di
Oceano mare,
City e
Senza sangue per il momento faccio volentieri a meno. Lo dico così, tanto per la cronaca; magari prima o poi qualcuno che può legge, gli viene un prurito e mi fa il film su ordinazione. Non si sa mai.
* * *
Dal risvolto di copertina di
Seta:
"Questo non è un romanzo. E neppure un racconto. Questa è una storia. Inizia con un uomo che attraversa il mondo, e finisce con un lago che se ne sta lì, in una giornata di vento. L'uomo si chiama Hervé Joncour. Il lago non si sa.
Si potrebbe dire che è una storia d'amore. Ma se fosse soltanto quello, non sarebbe valsa la pena di raccontarla. Ci sono di mezzo dei desideri, e dei dolori, che sai benissimo cosa sono, ma un nome vero, per dirli, non ce l'hai. E comunque non è amore. (Questa è una cosa antica. Quando non hai un nome per dire le cose, allora usi delle storie. Funziona così. Da secoli.)
Tutte le storie hanno una loro musica. Questa ha una musica bianca. È importante dirlo perché la musica bianca è una musica strana, a volte ti sconcerta: si suona piano, e si balla adagio. Quando la suonano bene è come sentir suonare il silenzio, e quelli che la ballano da dio li guardi e sembrano immobili. È una cosa maledettamente difficile, la musica bianca. Molto altro da aggiungere non c'è. Forse è meglio chiarire che si tratta di una storia ottocentesca: giusto perché nessuno si aspetti aerei, lavatrici e psicanalisti. Non ci sono. Magari un'altra volta."
Alessandro Baricco