Come al solito capisco fischi per fiaschi. Il
Film Rosso a quanto pare dovrebbe essere il film della fraternità, ma quello che ci ho percepito dentro è il palpitare di un amore più passionale.
Forse il termine fraternità fa riferimento alla trama dei destini incrociati di cui l'esistenza sembra non essere mai sazia. Per quanto possiamo affannarci a restare sui nostri passi, con gli occhi fissi sulla punta dei nostri piedi, il semplice fatto di esistere, di essere qui nell'esatto modo in cui siamo e in questo preciso momento, fa sì che le vite di chi ci gravita attorno vengano inevitabilmente modificate. Più che altro si tratta di contatti quasi impercettibili, ma a volte capita di dare o di ricevere scossoni radicali. Comunque sia, anche le più irrilevanti deviazioni dell'ago della bussola, se messe tutte in fila una dietro l'altra alla fine possono portare a grandi dirottamenti.
- Gli voglio bene. Se potessi fare qualcosa...
- Lei può... esistere.
- Che cosa vuol dire?
- Solo questo, esistere.
Grazie al cielo questa volta il vecchietto ingobbito di turno riesce a infilare la bottiglia nella campana del vetro; dopo due film in cui la situazione restava in bilico sull'orlo della raccolta differenziata finalmente qui qualcuno dà una mano e così facendo decide di intervenire in modo attivo, di guardare oltre la punta dei propri piedi.
Davvero sorprendente la scena finale che in meno di un minuto chiude perfettamente sia il cerchio del film che quello di tutta la trilogia.
La vita è finzione - lo scatto fotografico fatto per la pubblicità.
La finzione è vita - il fermo immagine della sciagura visto alla tv.
"Su tutto, lei sbaglia su tutto.
La gente non è cattiva, non è vero.
Forse qualche volta non ha la forza, ma..."