Non so più dove ho la testa. Davvero.
La macchinina rossa a pedali, la bicicletta azzurra con le ruotine, un confetto rosa, la tartaruga delle suore, tutti quei salti alla corda, la scuola, i grembiuli a quadretti bianchi e blu, il sussidiario, l'inchiostro della pilot verde in bocca, i bigliettini sotto ai banchi, la caccia al tesoro nel fosso tra i papaveri, l'argilla fra le dita, l'istinto, tutti gli input e anche gli output, le parole ascoltate per caso e quelle ripetute con ostinazione, il verbo "sommare", liberi tuttiii, i festoni dell'albero di Natale, le lezioni di vita, l'istinto, i pensieri, gli incubi sognati e i sogni incubati, ogni singola foglia ingiallita calpestata, l'indifferenza di chi non ti vuole, le destinazioni mai raggiunte, gli imprevisti, le moltiplicazioni in colonna, i riporti, gli svolazzi delle "t" e delle "f", il gelato allo yogurt coi mirtilli e il riso soffiato, le mani vicine, le voci lontane (tu, tu, tu), le fotografie sul marmo chiaro, i sussurri notturni e le risate soleggiate, il profumo delle scarpe da ginnastica nuove, i calzini a righe, polvere di gesso addosso, unghie che stridono sulla lavagna, brividi.
Non ho più la testa.
Ma tutto continua, riprende...
Sorprende. Anche senza testa.
|