[venerdì 29 dicembre 2006]
Per (s)fare un albero...
Camera mia è piccola. Non piccolissima, ma diciamo che il rapporto tra aria respirabile e cose stipate è ìmpari e l'ossigeno è nettamente in perdita. Così ecco spuntare un verdissimo bonsai che presumo, nella mente di chi ha avuto l'idea di farmene dono, abbia fatto galoppare un branco di sinapsi fino al capitolo del sussidiario delle elementari relativo alla fotosintesi clorofilliana, o forse, più probabile, in un recente settimanale è apparso un articolo sul feng shui, l'arte di disporre gli oggetti, ovvero il kamasutra da scrivania, chi lo sa. Fatto sta che per far posto a questa rigogliosissima piantina ho dovuto improvvisare dei numeri di sparizione che farebbero impallidire David Copperfield, ma non importa... il punto, il dramma, è che dopo un paio di settimane trascorse in questo antro oscuro il povero alberello si sarà trasformato un ceppo secco e striminzito, e io mi sentirò in colpa perché sapevo che sarebbe successo. I bonsai mi odiano. Anche se ci parlo e seguo alla lettera le istruzioni di annaffiatura/potatura/fetilizzazione loro spirano inesorabilmente e, foglia dopo foglia mi abbandonano, inoltrandosi in un loro infernale autunno perpetuo. Fossi Collodi dalla vicenda magari potrei trarre ispirazione per il seguito di Pinocchio, ma dal mini tronco rinsecchito di un bonsai al limite si riesce a tirare fuori uno stecco del gelato e non di certo un burattino birbante.
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