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Archivio - gennaio 2007

[31 gennaio 07]

Il vento ululava. I lampi pugnalavano la terra a casaccio come inefficienti assassini. Il tuono rombava e rimbombava attraverso le oscure colline sferzate dalla pioggia.
La notte era nera quanto le viscere di un gatto. Era il genere di notte, potete crederci, in cui gli dei spostavano gli uomini come fossero pedine sulla scacchiera del fato. Al centro di questa tempesta di elementi c'era un fuoco che ardeva, tra i cespugli di ginestra gocciolanti, come la follia nell'occhio di una donnola. Esso illuminava tre figure accovacciate.

Titolo originale: Wyrd Sisters (1988)
(Edizioni TEA - traduzione di Antonella Pieretti)


[Trascritto da Ardesia | 31/01/2007 | p.link | segnala un errore | ]


[29 gennaio 07]


Giacomo, figlio di Zebedia

  Un giorno - era di primavera - Gesù si trovava nella piazza del mercato di Gerusalemme e parlava del regno dei cieli alla folla.
  Ed Egli accusava gli scribi e i Farisei di disseminare di insidie e di occulte trappole il cammino di quanti anelano al regno, e pubblicamente gridava la sua denuncia.
  Tra la folla c'era un gruppo di uomini che difendeva i Farisei e gli scribi; e quegli uomini cercarono di assalire Gesù, e noi con Lui.
  Ma Egli li scansò e volse altrove, e cominciò a camminare verso la porta di settentrione della città.
  Ci disse: "La mia ora non è ancora giunta. Molte sono le cose che ancora ho da dirvi e molte le opere che ancora devo compiere prima di consegnarmi al mondo."
  E c'era gioia nella Sua voce quando aggiunse: "Andiamo verso la terra di settentrione, incontro alla primavera. Venite con me sulle colline, perché l'inverno è passato, e le nevi del Libano stanno scendendo a valle per intrecciare il loro canto a quello dei ruscelli.
  I campi e le vigne hanno scacciato il sonno, e sono desti, per dare al sole il loro benvenuto di fichi verdi e giovani grappoli."
  Ed Egli si incamminò avanti a noi e noi lo seguimmo, quel giorno e il giorno dopo ancora.

Titolo originale: Jesus, The Son of Man (1928)
(Edizioni Newton - traduzione di Simonetta Traversetti)


[Trascritto da Ardesia | 29/01/2007 | p.link | segnala un errore | ]


[26 gennaio 07]

   Venezia è un pesce. Guardala su una carta geografica. Assomiglia a una sogliola colossale distesa sul fondo. Come mai questo animale prodigioso ha risalito l'Adriatico ed è venuto a rintanarsi proprio qui? Poteva scorrazzare ancora, fare scalo un po' dappertutto, secondo l'estro; migrare, viaggiare, spassarsela come le è sempre piaciuto: questo fine settimana in Dalmazia, dopodomani a Istanbul, l'estate prossima a Cipro. Se si è ancorata da queste parti, un motivo ci deve essere. I salmoni si sfiancano controcorrente, si arrampicano sulle cascate per andare a fare l'amore in montagna. Balene, sirene e polene vanno a morire nel mar dei Sargassi.

(Edizioni Feltrinelli, 2003)


[Trascritto da Ardesia | 26/01/2007 | p.link | segnala un errore | ]


[24 gennaio 07]

   In fondo alla stanza, un'immensa libreria piena zeppa di libri compre tutta la parete. Il resto dell'ambiente colpisce per la sua nudità: niente tavoli, né scrivani, né poltrone, solo qualche sedia di legno e, sulla destra, un'enorme stufa di ghisa.
   Un uomo sulla cinquantina d'anni sta seduto su una sedia e scrive appoggiandosi a un fascio di fogli che tiene sulle ginocchia. Indossa un maglione a collo altro. Entra un uomo di una trentina d'anni con indosso un cappotto pesante, che non si toglie.


   DANIEL. Già al lavoro?
   IL PROFESSORE (senza neanche guardarlo). Da un'ora.
   Daniel prende una sedia e la porta vicino alla stufa. Ci si siede.
   DANIEL. Non era mica così mattiniero, prima della guerra.
   IL PROFESSORE. Il freddo mi impediva di dormire. A letto stavo diventando pazzo; alla fine mi sono alzato. È strano, ma seduti si congela molto meno.

Titolo originale: Les Combustibles (1994)
(Edizioni Robin - traduzione di Alessandro Grilli)


[Trascritto da Ardesia | 24/01/2007 | p.link | segnala un errore | ]


[22 gennaio 07]

Io sono un gatto. Un nome ancora non ce l'ho.
Dove sono nato? Non ne ho la più vaga idea. Ricordo soltanto che miagolavo disperatamente in un posto umido e oscuro. È lì che per la prima volta ho visto un essere umano. Si trattava di uno di quegli studenti che vivono a pensione presso un professore - mi hanno poi detto - e che fra tutti gli uomini sono la specie più perversa. Si racconta che costoro ogni tanto acchiappino uno di noi, lo mettano in pentola e se lo mangino. Però in quel momento, non sapendolo, non ne ebbi paura. Provai soltanto un senso di vertigine quando lo studente mi mise sul palmo della mano e di colpo mi sollevò per aria. Appena ritrovai una certa stabilità lo guardai in faccia, era il primo individuo appartenente alla specie umana che vedevo in vita mia. Che creatura curiosa, pensai, e quest'impressione di stranezza la conservo tuttora.

Titolo originale: Wagahai wa Neko de Aru (1905)
(Edizioni Neri Pozza - traduzione di Antonietta Pastore)


[Trascritto da Ardesia | 22/01/2007 | p.link | segnala un errore | ]


[19 gennaio 07]

Constantine, otto anni, stava lavorando nell'orto di suo padre e pensava al proprio, un quadrato di granito polverizzato che aveva recintato e rastrellato nella parte più alta della proprietà di famiglia. Per prima cosa sarchiò i filari di fagioli del padre, poi strisciò fra i nodi e i ceppi del vigneto, legando di nuovo ai paletti i viticci ribelli con della ruvida corda marrone che secondo lui aveva esattamente il colore e la consistenza di un nobile sforzo destinato a fallire. Quando suo padre parlava di "ammazzarsi di lavoro per mantenersi vivi", Constantine immaginava questa corda, ruvida e forte e grigiastra, elettrizzata dai suoi stessi fili vaganti, che avvolgeva il mondo in un goffo pacchetto riluttante a restare legato, proprio come i viticci che continuavano a liberarsi e guizzar fuori in estatiche inclinazioni verso il cielo. Occuparsi dei viticci era uno dei suoi compiti, ed era arrivato a disprezzarli e a rispettarli per la loro indomabile insistenza. Avevano una loro aggrovigliata vita segreta, una torpida volontà, ma sarebbe stato lui, Constantine, a pagarla se non fosse riuscito a tenerli ordinati e palettati. Suo padre aveva un occhio spietato, capace di scoprire un'unica pagliuzza cattiva in dieci balle di buone intenzioni.

Titolo originale: Flesh and Blood (1995)
(Edizioni Bompiani - traduzione di Ettore Capriolo)


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[17 gennaio 07]

Tiepida notte di maggio a Parigi, mille novecento tre.
      Dalle loro case, centomila parigini lasciarono a metà la notte, scolando in massa verso le stazioni Saint-Lazare e Montparnasse, stazioni ferroviarie.       Alcuni neanche andarono a dormire, altri puntarono la sveglia a un'ora assurda per poi scivolare via dal letto, lavarsi senza far rumore e sbattere nelle cose, cercando la giacca. In alcuni casi erano intere famiglie a venir via, ma per lo più furono singoli individui a intraprendere il viaggio, spesso contro ogni logica o buon senso. Le mogli, nel letto, poi, stiravano le gambe dalla parte adesso vuota. I genitori scambiavano due parole, dedotte dalla discussione del giorno prima, dei giorni prima, delle settimane prima. Erano incentrate sull'indipendenza dei figli. Il padre si alzava sul cuscino e guardava l'ora. Le due.       Era un rumore molto strano perché centomila persone alle due di notte sono come un torrente che corre in un letto di nulla, spariti i sassi, muto il greto. Solo acqua contro acqua. Così le loro voci correvano tra saracinesche chiuse, strade vuote e oggetti fermi.       In centomila presero d'assalto le stazioni Saint-Lazare e Montparnasse, perché temevano di non trovare più posto sulle vetture per Versailles. Ma alla fine tutti trovarono posto sulle vetture per Versailles. Il treno partì alle due e tredici.       Corre, il treno per Versailles.

(Edizioni Fandango, 2005)


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[15 gennaio 07]

La storia della Galassia si è un po' ingarbugliata per diverse ragioni: in parte perché chi cerca di tenersene al corrente si è un po' ingarbugliato, e in parte perché, obiettivamente, sono successe cose che rendono tutto molto ingarbugliato.
Uno dei problemi riguarda la velocità della luce e le difficoltà che comporta il tentare di superarla. Non la si può superare. Niente viaggia più in fretta della velocità della luce, con la possibile eccezione delle cattive notizie, che seguono proprie leggi specifiche. Di fatto, gli Hingefreel di Arkintoofle Minor cercarono di costruire astronavi propulse da cattive notizie, ma non funzionavano molto bene ed erano accolte così male quando arrivavano da qualche parte, che arrivare da qualche parte finiva per non avere alcun senso.

Titolo originale: Mostly Harmless (1992)
(Edizioni Mondadori - traduzione di Laura Serra)


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[12 gennaio 07]

Potevo trovarlo ogni giorno, a mezzogiorno, seduto su una panchina al parco Rathaus con un cartoccio di ravanelli di serra in grembo e una bottiglia di birra in mano. Portava sempre con sé una saliera; e doveva averne in gran numero, poiché non ne ricordo alcuna in particolare. Non erano mai saliere pregiate, però; anzi, una volta ne gettò via una. La mise nel cartoccio con gli avanzi, che finirono in uno dei cestini del parco.
Ogni giorno, alla stessa ora, e sempre sulla stessa panchina - quella meno scheggiata - dalla parte del parco più vicina all'Università. Talvolta aveva con sé un taccuino. Addosso, sempre una giubba da cacciatore con tasche laterali e un tascapane sulla schiena. I ravanelli, la bottiglia di birra, la saliera e il taccuino, tutto quanto scaturiva da quel tascone posteriore. Niente portava in mano, camminando. Aveva con sé almeno tre diverse pipe.

Titolo originale: Setting Free the Bears (1968)
(Edizioni Bompiani - traduzione di Pier Francesco Paolini)


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[10 gennaio 07]

Lontano, nei dimenticati spazi non segnati sulle carte del limite estremo e poco à la page della Spirale Ovest della Galassia, c'è un piccolo e insignificante sole giallo.
A orbitare intorno a esso alla distanza di circa centoquarantanove milioni di chilometri c'è un piccolo, trascurabilissimo pianeta verdazzurro le cui forme di vita, discendenti dalle scimmie, sono così incredibilmente primitive da credere ancora che che gli orologi digitali siano una brillante invenzione.

Titolo originale: So Long, and Thanks For All the Fish (1984)
(Edizioni Mondadori - traduzione di Laura Serra)



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[08 gennaio 07]

C'era una volta, non tanto tempo fa (anzi pochissimo), una giovane Formica di Casa chiamata Mina Minim, che si stava preparando per il suo primo viaggio fuori dal nido.
"Mina Minim!"
Zia Teodora, la vecchia bambinaia cieca, la stava aspettando. Le uova erano già state scelte e ogni formica sapeva di quale uovo si sarebbe dovuta prendere cura e come lo avrebbe girato sotto il sole quando sarebbero venuti il momento del gioco e quello del riposo. Il gruppetto delle formiche più giovani era riunito in perfetto ordine sulla pista che conduceva dal soffitto del garage al pavimento della cucina, dentro la credenza e sotto la porta, fino alle Scale.

Titolo originale: Mona Minim and the Smell of the Sun (1969)
(Edizioni Mondadori - traduzione di Marina Baruffaldi)


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[06 gennaio 07]

Sylvia Beach passeggiava lungo il binario della Gare de Lyon, sola nella fredda aria del mattino, in attesa del treno proveniente da Digione. Era il 2 febbraio 1922. Dal giorno in cui, undici mesi prima, aveva ingenuamente suggerito a James Joyce che avrebbe potuto pubblicare l'Ulisse, non aveva più avuto un attimo di pace. Aveva sollecitato sottoscrizioni, scritto centinaia di lettere, ingaggiato dattilografe, corretto bozze e, infine, si era anche occupata delle esigenze della famiglia Joyce. Ma aveva dato la miglior prova delle sue capacità con il tipografo, Maurice Darantière, di Digione. Era riuscita quasi sempre a convincerlo a lasciare che Joyce modificasse il manoscritto, e Joyce aveva aggiunto quasi un terzo del testo sulle bozze, che erano state più volte rimaneggiate per accogliere duecentocinquantamila parole in più. Ora stava chiedendo l'impossibile. Nonostante gli avesse rimandato le ultime bozze solo due giorni prima, voleva due copie del libro per il quarantesimo compleanni di Joyce, il quale, essendo superstizioso come molti irlandesi, attribuiva un grande significato agli anniversari, alle date e ai numeri. Sapeva che Joyce avrebbe gradito il regalo. E conosceva Darantière.

Titolo originale: Sylvia Beach and the Lost Generation (1983)
(Edizioni il Saggiatore - traduzione di Tina d'Agostini e Monica Fiorini)


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[04 gennaio 07]

Mio padre, il reverendo Sylvester Woodbridge Beach, dottore in teologia, era un ministro del culto presbiteriano che per diciassette anni fu pastore della prima chiesa presbiteriana di Princeton, nel New Jersey.
   A prestar fede a un articolo apparso nel "Munsey's" Magazine sui più curiosi alberi genealogici d'America, i Woodbridge, antenati di papà dal lato materno, si sarebbero tramandati di padre in figlio il ministero sacerdotale per dodici o tredici generazioni. Ma mia sorella Holly, che vuole la verità a qualsiasi costo, ha preteso di vederci chiaro e, ahimè, ha sfatato la leggenda riconducendo il numero a nove; e di tanto dobbiamo accontentarci.

Titolo originale: Shakespeare and Company (1956)
(Edizioni Sylvestre Bonnard, Milano, 2004 - traduzione di Elena Spagnol Vaccari)


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[02 gennaio 07]

Avevo quindici anni quando fui nominata lettrice delle figlie di Luigi XV. Dirò subito che cos'era la Corte a quell'epoca.
Maria Leezinska era appena morta, preceduta di tre anni dalla morte del delfino; i gesuiti erano stati estromessi e la fede ormai si trovava a Corte solo nelle anime delle figlie del re; il duca di Choiseul regnava.
Il re non aveva pensieri che per la caccia; si sarebbe potuto credere che i cortigiani facessero un epigramma, quando dicevano seriamente, nei giorni in cui Luigi XV non andava a caccia: "Il re, oggi non ha fatto niente".

Titolo originale: Mémoires de Madame Campan
(Edizioni Newton - traduzione di Ada Vittorini)


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